I ragazzi gay “bianchi” discriminano i “neri” sulle app di incontri: lo conferma uno studio

Il nuovo volto del razzismo è nei profili delle app per incontri omosessuali. A confermarlo uno studio dell’Università dell’Illinois che ha registrato l’incidenza con cui i “bianchi” tendono a escludere dal loro raggio di ricerca i “neri”, seguendo da vicino gli approcci in chat di circa 2.000 ragazzi discendenti africani gay e bisessuali tra i 18 e i 29 anni.

Nonostante app come Grindr abbiano modificato le proprie linee guida in modo da bannare tutti i profili che diffamano o bullizzano altri utenti, la discriminazione è comunque presente. La sfilza di “no”, sebbene vietata esplicitamente dal regolamento, continua imperterrita e, accanto a restrizioni per ragazzi disabili e ragazzi trans, si nota, come in una sorta di ricerca della razza ariana, l’esclusione dei ragazzi di colore.

Oltre ad essere insultati e allontanati sulla base della loro etnia, sono anche vittima degli stereotipi su potenza, ruolo e attributi sessuali; così una pelle color ebano diventa il pretesto per richiedere sesso a pagamento e altre attenzioni in maniera più spudorata, oggettificando la persona e umiliandola ancora di più.

L’apice, poi, si raggiunge al di fuori delle app, ma all’interno della comunità, in cui, se sei un ragazzo gay discendente africano, «sicuramente starai cercando un bianco con cui sistemarti, un povero fesso che ti possa mantenere», come se non avessi altro ruolo che quello del Big Gym, perché sarai senza dubbio «solo attivo».

La ricerca, per quanto condotta su un comportamento così frequente da risultare banale, fa capire quanto ancora ci sia da lavorare sul piano dell’integrazione culturale e quanti rigurgiti razzisti escano fuori in una comunità che, per via delle ingiustizie subite nel tempo, dovrebbe essere inclusiva e non esclusiva.

 

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