Omotransfobia: dateci una legge per cui valga la pena combattere

Trent’anni fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nota a tutti dopo la pandemia da COVID-19, eliminava l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. A partire dal 2004, ogni 17 maggio si rinnova l’impegno a prevenire e contrastare l’omofobia e la transfobia, nonché la bifobia e l’afobia.

Come mai accaduto in passato, oggi i principali esponenti delle istituzioni del nostro Paese si sono schierati tutti dalla stessa parte, quella che lotta contro l’odio generato dall’ignoranza. Sembrano trascorsi decenni, eppure solo un anno fa Salvini era Ministro dell’Interno, Fontana sedeva al Ministero della Famiglia e di combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale non se ne sentiva nemmeno accennare. A illuminare da subito questa domenica, il monito mattutino del Capo dello Stato Mattarella, autorevole al punto da propagarsi con una forza in grado di scuotere tutti, Governo compreso. Sfidando alcune diffidenze della maggioranza e la certezza di nuovi haters in rete, è stato un post su Facebook del Presidente del Consiglio Conte a fornire il sostegno dell’Esecutivo al percorso della legge in Parlamento.

Proprio ieri, nel corso di un dibattito online organizzato dall’Arcigay, tutti i relatori avevano auspicato che dal Governo arrivasse un’unica voce di supporto al percorso della proposta legislativa contro l’omotransfobia, da tempo incardinato alla Camera dei deputati. I lavori parlamentari in Commissione Giustizia ripartiranno giovedì prossimo, con la possibilità di seguire in streaming le decine di audizioni ostruzionistiche richieste dalla destra. Terminata questa fase di ascolto, sarà il turno della definitiva formulazione di un testo base che sintetizzi i contenuti delle quattro proposte in campo. La speranza è di un voto in Aula a luglio, così come calendarizzato dall’ultima riunione della Conferenza dei Presidenti dei gruppi parlamentari. Obiettivo dichiarato: blindare il testo alla Camera per evitare sorprese al Senato, laddove la maggioranza in appoggio al Governo Conte è appesa a pochi voti.

Conosce bene le possibili insidie la senatrice Cirinnà che, proprio nel confronto di ieri, non ha risparmiato stoccate a tutti, compresi gli esponenti del suo partito: brucia ancora l’esperienza della legge sulle unioni civili, in cui crollò in Assemblea l’asse formato in Commissione con il collega Airola del MoVimento 5 stelle. Per la battaglia attuale, i volti principali dei due partiti sembrano essere quelli dell’onorevole Zan fra i dem e della senatrice Maiorino tra i 5 stelle, appartenenti a due Camere diverse e destinati a dover garantire in prima persona la compattezza dei rispettivi gruppi. Indubbiamente, occorrerà scongiurare l’assenza, come al dibattito Arcigay, degli esponenti di Italia Viva, che sono spesso mancati alla “bicameralina” interna alla maggioranza. L’odierno video della Ministra della Famiglia non conteneva alcun accenno concreto al percorso della legge. Ancora, a quando le certezze da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a guida PD, in merito al finanziamento delle case rifugio arcobaleno?

Una chiarezza interna è necessaria affinché possa essere compatto il fronte per arginare i movimenti integralisti che, sotto le più svariate composizioni politiche e religiose, riproporranno slogan carichi di avversione contro la comunità LGBT+: messaggi che denotano un deficit culturale originato dall’assenza di educazione alla diversità che sfocia sempre più in aggressioni verbali e fisiche.

Mai come in questo momento occorre dimostrare di essere realmente una comunità, cominciando da una legge per cui valga la pena combattere.