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Toni Kroos: «Non so se consiglierei a un calciatore di fare coming out»

Toni Kroos, campione del mondo con la nazionale tedesca in Brasile nel 2014, ha parlato del delicato tema dell’omosessualità nel mondo del calcio, ancora oggi un tabù per via della mascolinità tossica che caratterizza molte tifoserie del popolare sport.

«Il buonsenso mi dice che tutti dovrebbero vivere in piena libertà, non ci sono dubbi su questo – ha affermato il centrocampista del Real Madrid a GQ – Ma non so se consiglierei a un calciatore in attività di fare coming out».

Secondo Kroos, dichiararsi gay potrebbe dar vita a spiacevoli episodi che potrebbero inficiare sulla prestazione atletica: «Spesso sul campo vengono usate certe parole e, tenendo conto delle emozioni che si vivono in tribuna, non posso assicurare che un calciatore omosessuale non finirebbe per essere insultato o denigrato».

«Sono certo che un giocatore, se decidesse di fare questo passo, riceverebbe il sostegno di molte squadre – sottolinea il calciatore – Ma dubito che questo accadrebbe davanti ai tifosi rivali. Bisogna decidere personalmente se tutto ciò rappresenta più un vantaggio o uno svantaggio per un giocatore che fa coming out. Ma non penso che sarebbe un vantaggio ancora oggi».

Sebbene se le parole di Toni Kroos non siano del tutto incoraggianti nei confronti dei calciatori che stanno ponderando la possibilità di dichiarare apertamente la propria omosessualità o bisessualità, che senza dubbio porterebbe a un beneficio sociale e culturale non indifferente, non si può negare che la scelta di un coming out potrebbe portare a episodi di omofobia. Nelle ultime ore, al collega della Primera División Borja Iglesias sono stati indirizzati insulti omofobi per aver tinto di nero le proprie unghie.

Coma ha ricordato il centrocampista della Sampdoria Albin Ekdal nel suo intervento al parlamento europeo, solo 8 calciatori professionisti in tutto il mondo sono dichiaratamente omosessuali, sebbene «molti altri vorrebbero fare coming out, ma non si sentono liberi per paura delle reazioni negative», motivo per cui il calcio allontana molti ragazzi omosessuali.

L’auspicio è che il Pride Month possa essere l’occasione per alcuni di essi per trovare la forza di raccontare ai propri tifosi che un campione gay è sempre un campione. La prima volta fu rivolta: se i calciatori omosessuali continuano a giocare in difesa, il match contro l’omofobia non verrà mai vinto.

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