Ddl Zan, Ivan Scalfarotto invita i senatori di Italia Viva alla non mediazione

Mentre in Commissione Giustizia al Senato vanno avanti le più assurde audizioni sul ddl Zan, sta facendo molto discutere la spaccatura interna a Italia Viva sulla strategia per portare a casa l’agognata approvazione della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo. A differenza del M5D, di LeU e del PD (a parte un piccolo numero di senatori), il partito di Matteo Renzi sembra spaccato sulla possibilità di discutere la legge subito per approvarla nella versione attuale. Esponenti di spicco come il capogruppo Davide Faraone e la ministra alle pari opportunità Elena Bonetti stanno chiedono ormai da giorni una mediazione con i partiti di centrodestra e avanzando perplessità sulla definizione di identità di genere.

A opporsi a questa linea è un parlamentare che di proposte di legge contro l’omotransfobia naufragate ne sa qualcosa: Ivan Scalfarotto, relatore del ddl bocciato nel 2013 nonché uno dei parlamentari che hanno contribuito alla sintesi trovata nel testo del ddl Zan. Il Sottosegretario al Ministero dell’interno aveva già chiarito la propria posizione già nei giorni scorsi, nel corso di una diretta con Alessandro Zan, ritenendo una perdita di tempo la mediazione con la Lega e Fratelli d’Italia seppur sostenendo la buona fede dei propri compagni di partito.

In un video pubblicato nella giornata di oggi, Scalfarotto ha definito la volontà di avere un tavolo politico di confronto con la destra «un gesto di buona volontà» che non condivide. «Penso che la destra alla quale stiamo offrendo un terreno di incontro non sia interessata – ha detto – la destra in realtà vuole perdere tempo, non vuole che la legge sia approvata e quindi qualsiasi cosa che può allungare il brodo per loro naturalmente è gradita».

Scalfarotto ha quindi invitato ad «andare in Aula con la legge così com’è», sottolineando che l’attuale testo «è già frutto di compromessi fatti alla Camera e maggiori compromessi sono francamente difficili da immaginare». Il sottosegretario ha poi invitato il mondo della politica e dell’attivismo a cambiare approccio, spiegando ai Senatori contrari all’immediata approvazione l’importanza di questa legge, senza rilasciare comunicati stampi che sottolineino quale partito sia favorevole alla legge rispetto all’altro.

L’altra faccia di Italia Viva

Seppure l’approccio suggerito da Scalfarotto sia più che condivisibile, e forse anche il più efficace, diventa difficile non osservare il silenzio assordante del leader di Italia Viva, che su questa legge che, in qualità di senatore dovrà anch’egli votare.

Sebbene delle voci dissidenti si siano palesate anche tra i dem, il segretario Enrico Letta ha dato un segnale importante, invitando i suoi a non dividersi su questa importante legge, dandola vinta alla Lega. Trovare dichiarazioni di Renzi sul ddl Zan è invece molto difficile, oltre ad essere incomprensibile dopo le pesanti accuse mosse da parte dell’onorevole Erasmo Palazzotto del PD, che ha ipotizzato che Italia Viva stia sacrificando il ddl Zan per accordi politici con la destra. «Affossare il ddl Zan sarebbe una fiche che Renzi potrebbe giocarsi sui tavoli del centrodestra, un modo per accreditarsi – ha affermato – Sanno bene che modificare la Zan significa affossarla. Poi voglio vedere se Faraone si ripresenterà al Pride di Palermo…».

Preoccupa anche la posizione della ministra Bonetti, che questa mattina, intervistata nel programma televisivo Omnibus, ha avanzato delle perplessità sulla definizione di “identità di genere”, punto che a suo avviso andrebbe approfondito affinché venga «garantito il diritto delle donne» (obiezione avanzata nell’ultimo periodo dal movimento “gender critical”, noto anche come “terf”). Stupisce che tale tema sia ancora da discutere dopo l’ampio dibattito alla Camera, che ha portato all’introduzione di una (limitante) definizione nell’art. 1 della legge. Lascia, infine, perplessi che la ministra alle pari opportunità faccia riferimento alle persone trans parlando di transizione, lasciando fuori coloro che (almeno finora) non hanno deciso di intraprendere un percorso medicalizzato. Si tratta delle persone più soggette a violenza e discriminazioni, e voltarsi dall’altra parte sarebbe imperdonabile.

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