Claudio Sona, prima tronista gay di Uomini e Donne, ha voluto spiegare quello che intendeva con l’espressione “gay macchiette in TV”. Durante un’intervista rilasciata a RTL 102.5, infatti, l’ex tronista aveva dichiarato di non partecipare ai reality perché si cercano «personaggi più allegorici». «Il gay deve essere macchietta – sosteneva Sona – Si cerca qualcuno che spezzi gli schemi, che rompa la normalità».
Come è facile immaginare, dopo queste dichiarazioni, l’imprenditore veronese aveva ricevuto numerose critiche. In molti, noi compresi, infatti, si sono interrogati su quanto sia opportuno rappresentare una (etero)normalità in televisione e quanto, invece, sia più necessario dare spazio a una rappresentazione più queer della comunità LGBT+.
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Così, per liberarsi da ogni equivoco, Claudio Sona ha voluto spiegare la questione nelle sue Instagram Stories. «Ho parlato di macchiette, ma non volevo essere offensivo con nessuno – sostiene Sona – Il mio pensiero è molto semplice: secondo me in TV vengono chiamate persone con lustrini, paillettes e tacchi che fanno spettacolo, creano ilarità nel pubblico».
«Io stimo molto queste persone, sono professionisti e artisti – continua – Ma così si crea un equivoco: sembra che la comunità LGBT sia composta solo da certe personalità. Penso che a livello televisivo sarebbe ora di mostrare un aspetto un po’ più semplice».
Per rimarcare il suo pensiero, poi, Sona sottolinea di non sembrare gay. Almeno stando a quanto gli dice chi lo ferma per strada. «Spesso mi capita che per strada mi fermino e mi dicano: “Sai, non sembri gay” – racconta – Questo perché, nell’immaginario di chi guarda la TV c’è solo questa sfaccettatura. In realtà ce ne sono un altro milione. Come negli etero ci sono tantissime personalità e sensibilità diverse».
Ancora una volta, però, il tronista cade nella trappola dell’eteronormatività. Usare l’espressione “sembrare gay” per indicare l’essere effeminati, non è altro che un rigurgito del machismo interiorizzato nel corso degli anni. Il volersi a tutti i costi distaccare dallo stereotipo de “Il Vizietto” per rientrare a tutti i costi nei canoni dell’eteronormatività, infatti, mostra ancora quanta strada ci sia da fare in tal senso.
L’espressione di genere, lo sappiamo bene, non è strettamente collegata all’orientamento sessuale. Non esiste, dunque, un “atteggiamento gay“, come non esiste quello etero, bi, pan o ace. L’essere “scambiati per etero”, pertanto, non è un merito o un demerito. È solo frutto della propria espressione di genere, forzata o meno che sia.
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