Nella giornata di oggi, diversi quotidiani nazionali hanno diffuso le conversazioni avute su Grindr tra Luca Morisi e l’escort ventenne fermato dai Carabinieri mentre si allontanava dall’abitazione dell’ex social media manager della Lega in possesso di una presunta sostanza stupefacente che potrebbe corrispondere alla Ghb, una droga illegale comunemente usata nel chem-sex. Tra i messaggi scambiati tra i due, e pubblicati sulla stampa, ce ne sono però alcuni che nulla hanno a che vedere con il motivo per cui il leghista è indagato, ma possono solo sollecitare la curiosità morbosa del lettore.
Se l’outing del leghista può essere uno strumento che, da un punto di vista del dovere di cronaca, ha a che fare con la dinamica dei fatti e, da un punto di vista politico, va a smascherare l’ipocrisia dietro alle campagne omotransfobiche del Carroccio, è fuori da ogni etica la diffusione di dettagli circa il ruolo sessuale e le specifiche pratiche sessuali a cui era interessato l’uomo.
A voler pensar bene, si tratta della disperata ricerca di click, ossia di un maggiore guadagno. A pensar male, si tratta di una volontà di screditare una figura politica sulla base dei suoi kink, cavalcando la mascolinità tossica presente nella società che vedrebbe un ruolo sessuale come più virile e dignitoso rispetto a un altro che è spesso oggetto di derisione. Morisi sarà pure il creatore de “La Bestia”, ma lo sdoganamento di un certo tipo di giornalismo non giova a nessuno.
Lo spiega molto bene Vladimir Luxuria in un tweet. «Un conto sono le indagini della magistratura – scrive in un l’attivista – altro è pubblicare chat private e dati sensibili sui gusti sessuali di una persona che dovrebbero essere tutelati dalla legge sulla privacy. Non auguro nemmeno al peggior nemico di finire nel tritacarne della morbosità».
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