foto: C.G. Moore, Twitter

«Sono versatile, ma se facessi sesso anale morirei»

Non tutti, per propensione personale o effettiva difficoltà pratica, riescono a ricoprire il ruolo passivo nel sesso anale: Chris Moore, autore di Gut Feelings, pur essendo versatile, potrebbe morire facendolo. A raccontare la sua particolare problematica a PinkNews è proprio Moore, che narra al magazine i disagi che si è trovato ad affrontare.

L’autore, purtroppo, soffre di una patologia chiamata poliposi adenomatosa familiare che fa sì che il suo intestino sia rivestito da piccoli grumi simili a verruche. A causa di questa patologia Moore ha dovuto rimuovere chirurgicamente il colon quando aveva 13 anni, ben prima di prendere coscienza della sua omosessualità. Il coming out di Chris con la madre, infatti, è avvenuto quando lui aveva 17 anni.

«Ricordo che dopo il coming out con mia madre – racconta –  fui portato dall’infermiera che si occupava della stomia. Mi disse che non avrei mai potuto fare il passivo quando si trattava di sesso anale. Se lo facessi avrei un’emorragia e forse morirei in quanto rimuoverebbe i punti che attaccano l’intestino tenue a ciò che è rimasto del retto».

Ovviamente, appena adolescente e senza una relazione alle spalle, Moore non sapeva quanto il privarlo di questo aspetto avrebbe influito sulla sua vita sessuale. «Quando ho chattato con ragazzi sulle app – scrive – mi hanno chiesto del mio ruolo. Sono sempre stato sincero a riguardo. Parlare del perché posso solo fare l’attivo, però, mi ha fatto sentire a disagio».

Il ruolo da passivo, tuttavia, non è l’unica cosa che la patologia di Moore gli ha tolto. A causa della sua condizione clinica, infatti, Chris non può mangiare o bere determinati alimenti. Le diverse operazioni subite, invece, hanno portato alla formazione di cicatrici evidenti, che l’autore ha faticato ad accettare. «Non era facile guardarsi allo specchio, figuriamoci sdraiarsi accanto a un altro ragazzo – dice – Col tempo ho iniziato ad accettare il mio corpo e i miei limiti. Ci sono momenti in cui mi sento derubato delle mie esperienze sessuali. Ricordo a me stesso, però, che sono vivo e, nonostante tutti i limiti, ne sono degno».