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La Rappresentante di Lista: «Il nostro queer pop è anche politica»

In pochi giorni sono diventati dall’essere una band dell’underground ad avere una notorietà nazionale: La Rappresentante di Lista è senza dubbio la rivelazione del Festival di Sanremo 2020 e anche il gruppo musicale che ha portato all’Ariston la più incisiva dose di queerness, dagli abiti fucsia firmati Valentino della prima serata al duetto con Rettore nella serata delle cover.

Se la frontwoman Veronica Lucchesi è destinata a essere la versione 2.0 degli anni venti dell’iconica cantante veneta, il chitarrista Dario Mangiaracina si è presentato a Sanremo con un look che sfida gli stereotipi di genere e ha diviso con le altre donne del gruppo i fiori che gli autori hanno donato nelle varie puntate soltanto alle donne. Un piccolo gesto simbolico, al quale si sono uniti anche i Maneskin e il duo Michielin-Fedez, che ben si sposa con un’originale etichetta con cui la band ha deciso di descrivere il proprio genere musicale: queer pop.

«Alcuni anni fa ci siamo avvicinati al Sicily Queer Filmfest, un festival di cinema indipendente e di altre visioni, e in quell’occasione ci siamo avvicinati al termine “queer” – racconta Mangiaracina a La Stampa – Cercando su Wikipedia abbiamo visto che la parola ha assunto diversi significati nei decenni e oggi rappresenta l’emblema della fluidità, nel campo della politica sessuale e di ragionamento sull’identità di genere. Siccome noi abbiamo avuto sempre problemi a definire il nostro genere musicale, perché non usare “queer pop”, nel senso di trasversale, fluido».

«Ovviamente questo si porta dietro anche il fatto che essere libero da certi schemi ti aiuta anche a parlare in modo aperto di tutto quello a cui tieni – aggiunge Lucchesi – Quindi anche una visione molto precisa della vita, seppur mutevole, e delle lotte che noi portiamo avanti, delle intenzioni. Il queer pop è anche politica».

Non a caso, la copertina di “My Mamma”, il nuovo album lanciato nella settimana sanremese, ha una copertina che sembra un manifesto pop-femminista e la band ha già in passato scritto alcune canzoni a tema queer; una su tutte “Woow”, raffinata ballad che è valsa la vittoria all’Italian Music Festival 16, contest che prima di loro aveva incoronato Mahmood: avranno la stessa sorte? Non possiamo che augurarglielo e augurarcelo.