Cile, nel 2020 i casi di omofobia e transfobia sono cresciuti del 14,7%.

È a dir poco sconcertante il XIX° Rapporto annuale sui diritti umani della diversità sessuale e di genere realizzato dal Movimiento de Integración y Liberación Homosexual (Movilh). Per la comunità lgbt cilena il 2020 è stato un anno disastroso e non solo per la pandemia in corso: i casi di omofobia e transfobia sono cresciuti del 14,7%.

Parliamo di ben 1266 casi, di cui il 26% ha riguardato gay, il 15% lesbiche, l’11% persone trans ed il 48% ha colpito la comunità lgbt nel suo complesso.
Entrando più nello specifico parliamo di 6 omicidi e 132 aggressioni fisiche o verbali. Oltre a questi casi si contano anche: 110 casi di discriminazione sul lavoro, 33 di natura educativa, 16 abusi da parte delle forze di polizia, 379 casi di emarginazione istituzionale, 253 episodi di omotransfobia perpetrati da una comunità, 60 campagne d’odio, 64 esclusioni dallo spazio sia pubblico sia privato, 209 discorsi che incitano alla violenza e 4 atti di discriminazione nei media.

Tra le forme di discriminazione che hanno avuto un incremento maggiore (rispetto allo scorso anno) al primo posto troviamo le dichiarazioni omotransfobiche che per il rapporto sono aumentate del 208% e le esclusioni da spazi pubblici e privati cresciute del 106%. Impressionante anche l’aumento delle mobilitazioni d’odio (+93,5%) e delle aggressioni fisiche e verbali da parte di civili (+80,8%). In quanto alla distribuzione geografica, più di un terzo dei casi si sono verificati in
Valparaíso.

Il 2020 si è concluso con un preoccupante aumento dei casi rilevati non solo perché ci sono state presumibilmente più denunce, si scrive sul report, «ma anche perché c’è un aumento della discriminazione, in particolare quando si registrano progressi a favore dei diritti Lgbtiq+ contro i quali gli oppositori dell’uguaglianza si mobilitano con forza, violenza e sistematicità».