Foto: gentile concessione di Mavi Viana Veloso

Diritti trans: sui documenti brasiliani è donna, l’Italia ancora non la riconosce come tale

Nel suo Paese d’origine è donna a tutti gli effetti di fronte alla legge, ma qui in Italia vogliono darle i documenti al maschile, con il suo deadname. È l’inconcepibile storia di Mavi Viana Veloso, una ragazza trans brasiliana che, dopo aver fatto domanda per ottenere la cittadinanza italiana, si è vista negare il suo status di donna.

Mavi ha cambiato il nome sui documenti ufficiali attraverso un atto amministrativo mentre era in Brasile, nel 2018. Una legge di recente stesura, infatti, il Provimento n. 73/2018,  facilita alle persone trans il cambio di nome e genere. Arrivata a Sammichele di Bari, piccolo comune in Puglia, però, il diritto di autodeterminarsi ed essere riconosciuta come donna le è stato negato. Il personale pubblico, infatti, vorrebbe registrarla con il suo nome e genere di nascita.

Il problema, ci racconta Mavi, è che nel paesino in cui si trova non hanno mai affrontato questa procedura e non sanno come muoversi. «Le persone che lavorano negli uffici del Comune sono molto gentili e disponibili – spiega – Provano ad aiutarmi, ma non sanno come fare. È tutto molto confuso, ci sono poche informazioni precise. Non sanno se possono usare anche qui la legge brasiliana».

La donna si trova, dunque, in una situazione di stallo nella quale il vuoto legislativo non le permette di vivere serenamente la sua identità. Proprio per questo Mavi ha chiesto aiuto sui social, chiedendo la presenza di un avvocato o un’avvocata che possa seguire la sua vicenda. «Se la situazione non si risolve – ci dice – dovrò ricominciare in Italia un nuovo processo per cambiare nome e genere. La legge ignora quello che ho fatto nel 2018, che è assolutamente ufficiale e dimostrato in tutti i miei documenti».

All’appello di Mavi, ci uniamo anche noi. Se tra i nostri lettori e le nostre lettrici c’è chi possa aiutarla, contattatela (qui il suo profilo Facebook). Mavi Viana Veloso è una donna ed è giusto e doveroso che anche la legge italiana lo riconosca.