Disinformazione sul ddl Zan ad Anni 20, Paola Concia sbotta: «Sono schifata»

Se in questi mesi siamo ormai abituati alle fake news portate avanti dalla destra contro l’approvazione del disegno di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, fa specie sentirne così tante tutte assieme in un talk del servizio pubblico in prima serata su Rai2. Di questa idea dev’essere stata anche l’ex deputata Paola Concia, la prima persona a intervenire a favore del ddl Zan dopo 18 minuti di disinformazione, e che non ha trattenuto il proprio disappunto per quanto udito fino a quel momento.

La puntata di Anni 20 si apre con la conduttrice che mette l’accento sulle critiche relative alla libertà d’espressione sul ddl Zan e con un intervento dell’ospite Mauro Coruzzi, noto per il suo personaggio Platinette, che afferma di aver letto e studiato il ddl Zan, per poi sostenere che «una delle molle su cui agirà il ddl Zan una volta approvato, che è l’utero in affitto». Ovviamente la legge Zan non prevede nulla sul tema della gestazione per altri e non vi è alcun nesso diretto con essa, ma l’opinionista continua senza essere interrotto con altre bufale. «Esiste già una legge relativa all’omofobia di Mara Carfagna con la firma di Alessandra Mussolini e Paola Concia – asserisce contro ogni realtà oggettiva – Una sanzione penale contro le opinioni è francamente imbarazzante».

Ma il peggio deve ancora venire. Viene infatti lanciato un servizio dal titolo “Ddl Zan, i dubbi degli italiano” in cui l’inviato pone alla gente in strada domande del tipo «La difesa della famiglia tradizionale potrebbe essere perseguita, lo sa?», «Lo sa che il ddl Zan apre all’educazione dell’educazione gender nelle scuole?» e «La legge prevede iniziative educative nelle scuole, si parlerà anche di utero in affitto, è d’accordo?». Domande che, oltre a suggerire informazioni distorte sul contenuto della legge, facevano evidentemente da assist a risposte dubbiose o negative sulla legge, tant’è che un intervistato inizialmente favorevole ha affermato, disorientato, che si informerà meglio sull’argomento.

La sfuriata di Paola Concia

Dopo 18 minuti di trasmissione, viene finalmente data la parola a Paola Concia, che non le manda a dire. «Sono schifata da questa trasmissione – esordisce l’ospite – Non volevo venire ma un’autrice che conosco mi ha convinto che era una trasmissione sobria. I due video che avete mandato in onda sono pieni di falsità». «Non abbiamo usato attori per raccontare quello che pensa la gente», replica la conduttrice, ma Concia ribatte: «No, ma le domande erano false, carissima giornalista. Perché l’utero in affitto con quella legge non c’entra niente. Sono stata strumentalizzata dalla destra, per questo sono venuta in televisione a dire ciò che penso. Ma mi sono pentita di essere venuta in questa trasmissione in cui si raccontano un sacco di falsità».

Concia ricorda poi che la libertà d’opinione è sancita dalla Costituzione (e lo è anche dall’articolo 4 dello stesso ddl Zan), sottolineando che viene punito invece l’incitamento alla violenza. «E non c’è la legge Mancino per quella?» chiede l’ospite Alessandro Giuli, ignorando forse che la prima parte del ddl Zan va proprio ad estendere quella legge a nuove categorie vulnerabili, come appunto le persone LGBT, le donne e le persone con disabilità. Concia spiega che queste categorie non sono tutelate da dalla legge Mancino, ma il giornalista chiede se allora non era il caso di estendere tale legge, vale a dire ciò che Zan e gli altri stanno cercando di fare. La ciliegina sulla torta arriva quando Giuli smentisce l’ex deputata sul fatto che la destra abbia tentato di rimuovere la legge Mancino. Spoiler: anche qui aveva ragione Concia.

Uno spiraglio di informazione arriva quando la conduttrice dà atto che la presunta legge sull’omofobia di Carfagna è in realtà una proposta bocciata anni fa in Parlamento. Ma è la stessa che pochi minuti dopo chiede ad Alessandro Cecchi Paone: «Lei sarebbe disposto a venir meno al reato di opinione perché venga approvato il ddl Zan?». La risposta è semplice: come ribadisce il conduttore televisivo, non c’è alcun reato d’opinione. Bastava leggere una volta il testo.