#maisenzadinoi: la presa di parola transgender e non binary contro la transfobia dei media

L’importante campagna nazionale di Gruppo Trans Bologna e di Christian Cristalli

Grazie a un’iniziativa nata da Christian Cristalli, del Gruppo Trans Bologna, è stato realizzato un meraviglioso video che ha coinvolto molte realtà importanti di attivismo LGBT in Italia. Collettivi, attivisti, e associazioni, ma anche periodici LGBT, e altre realtà, hanno partecipato al video che mostra il fatto che la comunità LGBT respinge ogni strumentalizzazione dei temi transgender e non binary, e chiede che la parola sia lasciata a chi vive personalmente questa condizione.

Il video vuole essere una risposta all’ennesima strumentalizzazione andata in onda alcuni giorni fa nella trasmissione Fuori dal Coro, condotta dal giornalista Mario Giordano, in cui si parlava di persone transgender senza la loro presenza e, quindi, senza la possibilità di smentire la disinformazione sulle loro identità.

Potete trovare i membri del nostro staff, Nathan Bonnì e Luca Parente, al minuto 24:07 e al minuto 38:12 del video, rispettivamente.

Sulla pagina Facebook di Gruppo Trans Bologna possiamo leggere:

Denunciamo la vergognosa messa in onda di ieri sera su Rete4 di Fuori dal coro.
Siamo disgustate da quello che si definisce un programma di “attualità e approfondimento” che ha preteso di affrontare la tematica trans in modo fazioso e delirante, escludendo ovviamente a priori la presa di parola di attivist* che da anni portano avanti istanze, lotte, rivendicazioni su questi temi. Ancora una volta è stato usato un linguaggio confuso e violento per parlare delle nostre vite. Siamo spettator* di un odio gratuito, in trasmissioni che titolano di “Esperimenti Transgender su bambini vulnerabili”, affermazioni volutamente gravi e pericolose che a nostro avviso giustificherebbero anche azioni legali.
Siamo stanche che si strumentalizzino le paure delle persone, che si scelga di influenzare l’opinione pubblica con vere e proprie bugie.
Durante il corso della trasmissione è stato più volte ribadito che i percorsi di affermazione di genere sarebbero troppo veloci, che servirebbe patologizzarci ancora di più. Psichiatrizzarci, analizzarci, validarci nelle nostre identità, metterci sotto una lente di ingrandimento e verificare se soddisfiamo i criteri di protocolli eteronormativi che non invidiano nulla alle terapie di riparazione.
La trasmissione di ieri sera non ha approfondito nulla, men che meno ha informato. Si è scelta la soluzione più semplice a un tema complesso, ovvero sparare una serie di considerazioni a titolo squisitamente personale, senza alcun dato comprovato. Ancora una volta è emersa in tutta la sua violenza la volontà di stigmatizzare apertamente le nostre soggettività ed esperienze transgender e non binarie disumanizzandoci da soggetti aventi diritto sulla base del principio di autodeterminazione, a mere teorie astratte, la bugia della fantomatica teoria del gender.
In Italia ogni giorno si vuole diagnosticare una patologia inesistente a migliaia di persone in quanto trans, affinché possano avere accesso alla possibilità di autodeterminarsi e vivere la propria vita. Le nostre vite all’estero non richiedono già più alcuna certificazione da anni, perfino in paesi piccoli e cattolici come Malta.
Non accettiamo più nessun monopolio sulle nostre identità e copri, e rivendichiamo la totale depsichiatrizzazione delle nostre esistenze al pari di persone gay e lesbiche che sono state tolte dai manuale delle malattie mentali circa ormai 40anni fa. Vogliamo il diritto di esprimerci liberamente al di fuori di ruoli e aspettative di soli due costrutti sociali di genere. La realtà ci vede protagoniste di un arcobaleno di possibilità e molteplicità di identità che nessun* potrà toglierci, uno spettro di genere performativo e trasformativo in continua sperimentazione.
Rete4 per noi non ha mai rappresentato una reale possibilità di informazione o uno spazio sicuro e accogliente in cui dialogare. Ci sottraiamo a questi giochi politici sulle nostre vite. Gli spazi accoglienti in cui fare informazione si costruiscono insieme, attraverso l’uso di pratiche di incontro e di relazione che vedano alla base l’utilizzo di linguaggi rispettosi e non violenti, il porsi in ascolto e il fare domande piuttosto che giudicare con affermazioni percorsi di vita che non si attraversano e conoscono.
Resistiamo a tutto questo odio perché l’Italia di oggi la stiamo cambiando a piccoli passi giorno dopo giorno e vediamo i risultati di questo sforzo, andando nelle scuole parlando con ragazz* e aiutandoli a far applicare le carriere alias, lasciando le persone libere di fare domande sul tema e conoscere ciò che invece la televisione non è in grado di spiegare loro se non cercando di fargli paura tramite questi palinsesti. Ci riappropriamo della centralità delle nostre vite a 360 gradi, nel mondo del lavoro ma anche nel mondo dello sport, e lo facciamo sostenendo la nostra compagna Valentina Petrillo che in questa trasmissione su Rete 4 è stata attaccata e mostrata con foto che non la rappresentano nella sua identità di genere, come se dovesse dare continuamente giustificazioni per la sua esistenza e legittima partecipazione agli Europei in rappresentanza dell’Italia, rispettando tutte le normative del CIO uscite nel 2015 e accolte da altrettanti paesi. Come unica soluzione proposta c’è sempre solo l’esclusione delle persone trans dalle competizioni sportive, dalla realtà quotidiana, veniamo spinte in uno spazio invisibile dove per la società non esistiamo, ma in questo momento storico non vogliamo più essere marginalizzat*.
Episodi di cronaca ci dimostrano come l’Italia non sia ancora un luogo sicuro se sei una persona trans o più in generale lgbt+ e ciò è dovuto spesso alla rappresentazione massmediatica delle nostre soggettività negli show televisivi tv, o cosiddetti “organi di informazione”. In questo panorama di desolazione culturale e di odio, occorre l’approvazione del ddl Zan al più presto come punto di partenza su cui costruire tutto ciò che oggi manca a questo paese per definirsi un paese civile e all’altezza delle nostre vite.
Gruppo Trans APS

Le realtà che, finora, hanno aderito alla campagna

Gruppo Trans APS
Christian Leonardo Cristalli
Chloe Facchini – Davide Ruggiero
ACET Associazione per l’Etica e la Cultura transgender
Monica Romano
Affetti oltre il Genere APS
Anna La Spisa
Cinzia Messina
Caterina Colombo
CEST – centro salute gender variant
Gruppo trans di Arcigay Reggio Emilia
Jacopo Vanzini
Genderlens
Roberta
Cecilia
TGenus
Michele Formisano
Circolo Culturale TBIGL Rizzo Lari (ex Harvey Milk) Milano
Progetto Genderqueer – Cultura Transgender Non Med
Nathan Bonní, attivista non binario
Il Simposio: Periodico LGBT
Sat Pink
Ilaria Ruzza
Chiara
Debora Palma
Eris Ferrari
Zen Bertagna – Gruppo Trans* di Arcigay Varese
Luca Vida
Di Martino Andrea
Gruppo T.a(MO) Arcigay Modena parla Eva Sassi Croce
Luca Parente (NEG Zone e ACQUE – Associazione per la Cultura QUEer)

 

Non solo Bologna: a Milano partono le campagne #NoTranSilence e #ICisCiRubanoTutto

Ieri abbiamo parlato di altre campagne lanciate a Milano come protesta per la tendenza dei media a silenziare le voci transgender e non binary: ad esempio, la campagna lanciata da Progetto Genderqueer e la rivista Il Simposio tramite l’hashtag #NoTranSilence, e quella di Monica J. Romano – donna transgender, non-binary e autrice di testi  sull’identità di genere come Diurna e Gender (R)Evolution (Mursia), che rivendica uno spazio per le persone transgender nella rappresentazione mediatica. La scrittrice ha lanciato nei giorni scorsi una campagna dal titolo piuttosto provocatorio, “I cis ci rubano tutto!“.

«Gli autori dei tanti articoli dedicati ad un tema che ci riguarda in prima persona, quello dell’identità di genere,   sono – quasi tutti – rigorosamente cisgender. – dichiara l’autrice Eppure gl*/l* autor*, autric*, scrittor* e giornalist* transgender in Italia non mancano. […] Del resto, come ho già ribadito anche in passato in un’intervista per L’indice dei libri del mese, noi autor* transgender incontriamo un vero e proprio soffitto di cristallo nel mondo dell’editoria e nelle redazioni italiane».