«Su Grindr molti pensano sia un escort per il colore della mia pelle»

Wallace, un ragazzo napoletano di origini brasiliane, racconta la sua esperienza personale su un pregiudizio molto diffuso

Che Grindr non sia il tempio del politically correct è ormai risaputo, dal body shaming alla sierofobia, passando per dei veri e propri scontri generazionali: non c’è tempo per le cortesie. L’importante è concludere, anzi l'”importante è finire” come diceva Mina. Ma c’è chi si spinge oltre, mettendo delle etichette in base al colore della pelle.

È quello che è successo, e non solo una volta, a Wallace Lupoli, 29enne di origini brasiliane, nato nel Paese sudamericano ma cresciuto a Napoli. Wallace ha la pelle scura, ma si sente napoletano. A tutti gli effetti Wallace è napoletano, e come i suoi amici partenopei da generazioni frequenta i locali gay della sua città e cerca nuove conoscenze su Grindr.

L’intervista

La nostra intervista, che definirei più una chiacchierata, comincia dopo uno sfogo su Facebook: dopo aver mandato una sua foto in chat, gli è stato chiesto se fosse un escort. Wallace sa già il motivo di quella domanda, ma non può abituarsi a quest’idea e vuole delle spiegazioni dal suo interlocutore, chiede cosa gli facesse pensare una cosa del genere e arriva la temuta risposta: «Il tuo colore».

«Essere preso per un escort ormai mi succede da anni, sia in chat che dal vivo – racconta Wallace – Quando iniziavo a frequentare una sauna gay di Napoli, in molti pensavano che fossi un “marchettaro”, che vendessi il mio corpo. Vedevo la gente che sparlava dicendo che mi prostituissi… Mi hanno chiesto pure quanto mi prendessi».

Di fronte a queste situazioni, sono solo due i modi possibili di reagire, come spiega Wallace: «In alcuni casi li ho affrontati, cercando di far capire che il fatto di avere origni brasiliane non impone il fatto di esser un escort al 100%, ma molto spesso mi son beccato degli insulti gravissimi, verso di me e la mia famiglia; in altri casi lascio stare».

I pregiudizi sulle persone di altre etnie non si fermano qui, chi è brasiliano deve necessariamente essere attivo, mentre da un asiatico ci si aspetta che faccia il passivo. Ce lo conferma Wallace, che anche in questo caso non incarna lo stereotipo: «Ti lascio immaginare le loro facce quando dico di essere passivo…».

Non è facile lottare contro i mulini a vento, e forse ci si abitua a soprassedere. Tuttavia Wallace confida che a farlo soffrire maggiormente sono la cattiveria e quelli che pensano male di lui prima ancora di conoscerlo: «Vorrei dire a queste persone di andar oltre le apparenze e di non soffermarsi al colore della pelle».

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