Carriera alias: metà degli atenei italiani offre il doppio libretto agli studenti trans

Questa settimana l’Università degli Studi della Basilicata si è unita ad altri 31 atenei in Italia

Ieri c’è stato l’Heroes Pride a Matera, Basilicata. Una regione che si rivela attiva e aperta alla comunità LGBT+, dove l’aspetto più interessante è stato veder condividere la città in post pride allegramente da etero e gay con un senso di inclusività che non mi è capitato di vedere spesso.

In realtà, il primo Pride della Basilicata non è stato anche il primo passo della regione. Questa settimana infatti l’Università degli Studi della Basilicata si è unita a diversi altri istituti accademici in Italia per consentire agli studenti trans di auto-identificarsi sui documenti ufficiali, permettendo loro di usare i loro pronomi che meglio preferiscono ed il nome che hanno scelto.

L’ateneo lucano ha infatti compiuto un passo in avanti in tema di diritti civili, istituendo la cosiddetta carriera alias. Tanti infatti i ragazzi che contemporaneamente al loro percorso universitario ne affrontano un altro, certamente più importante e personale, che è quello di transizione da un sesso ad un altro.

Tuttavia, sebbene gli studenti trans siano correttamente identificati su tutti i documenti relativi all’università, non sono ancora agevolati per la legge italiana, che attualmente impone un periodo di attesa di due anni prima che le persone trans possano cambiare il loro nome. Ma lo sappiamo bene che la burocrazia non è la specialità del Bel Paese.

L’ateneo è una delle 32 (su 68) università in Italia che ha adottato questa misura. Per aiutare a implementare correttamente le misure di carriera Alias, l’Università degli Studi della Basilicata ha lavorato con il gruppo di difesa degli studenti trans, Universitrans. Il gruppo è stato co-fondato da Antonia Caruso e Beatrice Starace.

Parlando al Gay Star News, la Caruso, ha dichiarato: «Non dobbiamo guardare la carriera alias come un grande successo per i diritti civili. Questo è solo un modo per compensare una legge obsoleta, risalente al 1982. Se la procedura (per cambiare legalmente il proprio nome, ndr) fosse più semplice e non richiedesse l’approvazione di un giudice – comprese le spese legali che le persone devono pagare – gli alias non sarebbero necessari». Antonia Caruso ha aggiunto: «Migliorare il modo in cui le persone transessuali accedono all’educazione è fondamentale per il loro benessere».

Questa inziativa è definibile come un fiore all’occhiello che pone l’Italia per una volta, davanti agli altri Paesi europei. Un rapporto dello scorso anno, ha rilevato che le università del Regno Unito non riescono a fornire un sostegno adeguato ai loro studenti LGBTQ.

Illustrazione di IKE

Il rapporto – intitolato LGBTQ + Student Mental Health – è stato compilato da Student Minds e si basa su un sondaggio completato da 467 studenti, laureati e rappresentanti dell’Unione degli studenti. Ha rilevato che quattro su cinque studenti LGBTQ hanno affermato di essere in difficoltà poiché sentono di non ricevere sufficiente sostegno dal loro istituto scolastico. Lo studio ha inoltre rilevato che il 28% degli intervistati ha dichiarato di non sentirsi coinvolto nella comunità LGBTQ della propria università, mentre il 54% ritiene di non poter essere coinvolto nella più ampia comunità LGBTQ.

Sono sicuro che il nostro Paese si stia muovendo nella direzione giusta. L’aria d’inclusività che si respirava ieri al Matera Heroes Pride fa ben sperare in un futuro di uguaglianza e accettazione che tutti stiamo aspettando.

 

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