Giovanni Ciacci difende Caterina Balivo: «La comunità LGBT ha fatto una brutta figura»

Non le manda di certo a dire Giovanni Ciacci nella sua intervista a Gay.it. Incalzato dalle domande rivoltegli da Alessio Poeta, lo stylist, da sempre vantatosi di essere un uomo diretto e senza mezzi termini, sostiene che, a proposito dell’esclusione di Caterina Balivo dal Pride di Milano, «Il popolo LGBT, come sempre, non perde mai occasione per fare una brutta figura».

Parole taglienti in difesa dell’amica e collega in “Detto Fatto”. «Caterina è una gaffeur di natura, ho trovato imbarazzante che venisse esclusa proprio da chi dovrebbe conoscere bene la discriminazioni», continua Giò Giò, in difesa della Balivo che, giusto per confermare la tesi dell’amico ha mal gestito la situazione creatasi con l’outing a Valerio Scanu da parte di Claudio Lippi.

«A fine ottobre uscirà il mio nuovo libro, “Favole Arcobaleno – favole di persone libere”, e non sa quanti personaggi si sono rifiutati di entrare a far parte di un libro a tematica omosessuale. Farò tutti i nomi a ridosso della pubblicazione. Vi mostrerò, così, chi sono i veri amici della comunità gay» ha aggiunto lo stylist.

Da lunedì 30 settembre, invece, Giovanni Ciacci condurrà  assieme ad Elenoire Casalegno “Vite da Copertina” su TV8, «una rete libera che non ha niente di meno rispetto alle altre reti, nella quale si lavora per meritocrazia, perché inutile nascondersi dietro a un dito: senza appoggi politici, in certe reti, non si va da nessuna parte».

Lo sa bene lui, escluso dalla TV di Stato, a suo parere «per aver pestato i piedi al potente di turno». Un personaggio scomodo che, come abbiamo imparato nei programmi in cui è presente, primo tra tutti LIVE – Non è la D’Urso, non ha paura di dire e fare ciò che vuole, arrivando a confessare delle improbabili situazioni personali, dai doppi fidanzati alla proposta di matrimonio da parte di un principe etiope. «Smettiamola di prenderci sul serio: è spettacolo – leggiamo – E poi, quante persone stanno nel mio letto, lo so solo io. Talvolta ce ne sono due, altre otto».

 

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