Photo: xuguanyu.com

L’artista che urlava la propria omosessualità tappezzando di foto casa dei suoi

A un certo punto della nostra vita è venuta a tutti la voglia di urlare al mondo la propria omosessualità, far vedere che esistiamo, nonostante le briglie che sembrano volerci frenare. Probabilmente era questo lo stato d’animo del fotografo Guan Yu Xu, quando ha deciso di creare Temporarly Censored Home, una serie di installazioni fotografiche temporanee messe su nella casa di famiglia, quando i parenti erano assenti, creando «uno spazio temporaneo di libertà e di protesta, che irrompe nella quotidianità dello spazio “eterosessuale” dei suoi genitori», come hanno sostenuto i curatori della mostra degli scatti alle opere create clandestinamente.

Nato a Pechino nel 1993 e cresciuto nella città cinese fino ai 21 anni, ha dovuto nascondere la propria omosessualità fino al suo arrivo a Chicago, dove ha frequentato l’Art Institute. Negli Stati Uniti e ha potuto celebrare la sua ritrovata libertà sessuale con una serie di scatti suoi e dei suoi amanti. Vivendo questa sorta di “seconda vita”, Guan Yu Xu, però, si è accorto di quanto, in realtà, Cina e America non siano così diverse sul piano del nazionalismo, del sentimento anti-LGBT e del maschilismo imperante.

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Illuminato da questa improvvisa epifania, il giovane ha deciso di iniziare, proprio tra le pareti di casa sua, in Cina, la battaglia per il diritto ad essere se stesso. Così, quando i genitori erano a lavoro, iniziava la rivoluzione. Accanto ai vasi di fiori della madre sbucavano le foto dei suoi incontri amorosi, nei cassetti dei comodini le immagini della sua vita negli States, in cucina i poster degli attori che da ragazzino non gli era concesso di appendere alle pareti: una vera e propria esplosione di testimonianze della sua identità e della sua omosessualità represse dalla severa rigidità militare del padre e da una Cina che lo faceva sentire troppo stretto nei panni del ragazzo per bene della media borghesia. «Anche se queste installazioni non erano permanenti, ho rivendicato la mia casa di Pechino come spazio queer di libertà e protesta temporanea», ha dichiarato il fotografo.

Arte dal sapore di ribellione adolescenziale, tanto è evidente la voglia di autoaffermare la sua identità, ma anche atto politico nei confronti di una società che non vede e non vuole vedere la verità, nonostante sia tutto sotto i suoi occhi.

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