Ph. Donovan Grabowski

Frequentazioni multitasking

In questa gloriosa epoca storica in cui sappiamo tutto sull’ultimo flirt di Belen Rodriguez, ma assolutamente nulla su quanto il giansenismo abbia influito sulla morale manzoniana, di due cose siamo assolutamente certi: a) non esistono più le mezze stagioni e b) il romanticismo, quello alla Romeo e Giulietta, è definitivamente morto e sepolto.

Altro che serenate sotto al balcone, mazzi di fiori, cioccolatini e poesie in rima baciata, il “corteggiamento 2.0” impone l’utilizzo altro tipo di strumenti, molto più pratici e diretti, come ad esempio like, tag, emoticon e, per i più fortunati, persino un’esterna o due a settimana… esterne che potrebbero diventare persino tre se qualcuno degli altri competitor decidesse di abbandonare lo studio in pieno stile Tina Cipollari. Ebbene sì, diciamolo con fierezza: frequentare una persona per volta, ormai, è superato, desueto, sopravvalutato, e soprattutto fa così 1998!

Che fossimo intrappolati in una società fortemente competitiva lo avevamo capito da tempo, già da quando Joey Potter ci ha messo ben sei stagioni per capire se l’uomo della sua vita fosse Dawson Leery o Pacey Witter, ma nessuno poteva prevedere che ci saremmo tutti trasformati in potenziali corteggiatrici del tronista (o trollista) di turno. E poi, se i computer sanno essere multitasking, perché non esserlo anche noi? Perché non processare più richieste contemporaneamente? Perché non offrire baci e abbracci, o altri biscotti più o meno “inzupposi”, in omaggio alle prime cinquanta telefonate?

“Scegliere” vuol dire rinunciare ad una delle due un’opportunità, e rinunciare ad un’opportunità vuol dire, oggi, sprecare il proprio tempo; d’altronde, anche se la vita media si è allungata, e a 33 anni siamo ben lontani dall’essere nel “mezzo del cammin di nostra vita”, ben poche persone rinunciano al voler tenere i classici due piedi al caldo, nella stessa logora scarpa.

Certo, il mondo è bello perché è vario e variegato, perché ognuno di noi, in questa tanto criticata modernità, può fare un po’ quello che gli pare, persino scappare da schermi relazionali preimpostati, ma ciò non toglie, però, che ad un certo punto quei “forse” devono necessariamente trasformarsi in qualcos’altro, in dei “sì” o in dei “no”, perché restare (e far restare gli altri), a lungo, in questo limbo decisionale, non è sinonimo di progresso sociale o di chissà quale innovazione, ma di semplice, banale e dozzinale codardia, una consigliera persino peggiore della parrucchiera di Arisa.

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