Libertà, un documentario sui migranti LGBT+ girato nell’omonimo quartiere di Bari

Cosa significa esattamente Libertà? È quello che si chiedono B. e C., due ragazzi africani richiedenti asilo, costretti a scappare dal Senegal e dalla Nigeria perché omosessuali. “Libertà” è il documentario d’esordio del regista pugliese Savino Carbone, scritto dallo stesso con Gabriele Labianca e prodotto da Cooperativa Quarantadue e Centro Documentazione e Ricerca “Möbius”.

Girato nel 2019 e ambientato nell’omonimo multietnico quartiere barese considerato “difficile” dai media, Libertà racconta del viaggio dei due ragazzi per arrivare in Italia, terra di diritti e felicità, per ritrovarsi a combattere contro un doppio tipo di emarginazione, quella nei confronti degli stranieri e quella nei confronti delle persone LGBT+.

Scappati dai loro Paesi, il Senegal, in cui l’omosessualità è un «reato punito fino a 5 anni di prigione», e la Nigeria, dove è prevista la reclusione fino a 15 anni per «sodomia e lesbismo» e nelle aree dominate dalla sharī‛a vi è anche la condanna a morte per lapidazione, B. e C. si sono trovati catapultati nell’Italia salviniana, quella in cui se sei diverso sei sbagliato, sei da odiare, non sei meritevole di alcun diritto umano.

«B. e C. sono ragazzi che hanno attraversato mezza Africa, sono stati imprigionati in Libia e hanno subito lutti tremendi per aver, semplicemente, amato – racconta il regista Savino Carbone a Il Grande Colibrì – E adesso in Italia sono costretti a vivere la propria sessualità nella macchia perché altrimenti rischierebbero di essere messi ai margini delle comunità senegalesi o nigeriane che frequentano».

Una doppia vita ben visibile in una toccante scena del documentario in cui mentre tutti marciano felici nella coloratissima parata del Pride della città pugliese, la protagonista femminile balla da sola in un parcheggio sotterraneo, godendo solo da lontano la realtà arcobaleno nella quale dovrebbe essere immersa.

Quella dei Sistemi di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) è una realtà difficile, spesso complicata dalle commissioni che dovrebbero valutare le richieste d’asilo per i migranti LGBT. «A volte le interviste a ragazzi omosessuali rasentano l’assurdo, i giudici arrivano a chiedere persino dettagli sui rapporti sessuali intrattenuti nel paese d’origine. In altri casi i ragazzi arrivano in commissione senza sapere che l’omosessualità in Europa non è perseguitata e dunque mentono – continua Carbone – Serve un serio dibattito intersezionale, che oggi significa unire le lotte LGBT e femministe a quelle per la tutela dei migranti»

«Libertà è essere felici, vivere come si vuole» dice ad un certo punto del documentario il protagonista maschile. Diamo loro la possibilità di esserlo, aggiungo io.

 

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