La terribile quarantena con i genitori omofobi

Se c’è una cosa che la la pandemia da COVID-19 ha fatto è stato, sicuramente, riunire (o rinchiudere) molte famiglie a casa insieme: ma questo è un grosso problema, soprattutto se sei una persona LGBT+ e i tuoi genitori sono tremendamente omofobi.

Tornare a vivere dai genitori fondamentalisti

Sam, ballerino 23enne di Birmingham, nel Regno Unito, ha spiegato alla BBC di non avere avuto altra scelta che tornare a vivere dai suoi genitori, di fede cristiana e dalla mentalità molto chiusa. Dopo che il tour inglese a cui lui stava partecipando con la sua compagnia è stato interrotto, Sam ha preso questa decisione nonostante si trovi in seria difficoltà, in quanto non può essere pienamente sé stesso essendo un ragazzo gay «bloccato in isolamento con degli omofobi».

«Mia madre dice che l’omosessualità è una malattia malvagia e che il diavolo mi ha fatto diventare gay – ha raccontato il ballerino – Prega ogni giorno ad alta voce che io venga liberato da questo peccato e che mi possa trovare una moglie».

Sam ha fatto coming out con i suoi genitori mentre era all’università, pensando di non dover mai più vivere con loro: sua madre e suo padre, infatti, non l’hanno presa bene e le cose non sono cambiate nel tempo. «Quando ho iniziato a lavorare in una compagnia teatrale – aggiunge Sam – mio padre mi ha avvertito di fare attenzione agli omosessuali. Sono qua da loro solo a causa di questo periodaccio… in pratica, sto solo sopportando gli abusi».

Un’altra cosa che sottolinea Sam è che la comunità LGBT+ stessa si è completamente dimenticata delle persone nella sua situazione. «Vedo ogni giorno persone sui social vivere la loro miglior vita, facendo video di workout casalinghi, videochat di gruppo – spiega il balleriono – ma non realizzano che ci sono persone che faticano a sopravvivere.. ma non a causa del Coronavirus, ma a causa della propria sessualità».

Il post-outing in quarantena

Situazione simile la sta vivendo Nicki, marketing assistant 19enne di Londra, che ha subito outing da parte di un’amica lo scorso Gennaio. Sua madre e il partner della stessa l’hanno presto “invitata” ad andare ad abitare altrove, riaccogliendola in casa solo a seguito di una diagnosi nei confronti di Nicki di scarsa salute mentale.

Per Nicki, la situazione lavorativa era perfetta per non incontrare la propria famiglia: uscire la mattina presto, di casa, e rientrare tardi la sera. «Vivere con la mia famiglia omofoba è come avere dei vicini di pianerottolo che non ti piacciono: non ci parli e vai avanti con la tua vita – racconta alla BBC – Cercavo di spendere più tempo possibile fuori casa ma, da quando è stato indetto il confinamento, tutto è cambiato. Non mi viene permesso nemmeno di assaggiare lo stesso cibo che mia madre e il suo partner mangiano. Il partner di mia madre parla di me come se io non esistessi: dice che sono disgustosa e spera che io non gli trasmetta la mia omosessualità».

Ovviamente anche quella di Nicki è stataun scelta forzata: nei suoi piani, si sarebbe trasferita ad Aprile, ma ora tutto è rimandato al post COVID-19.

Le associazioni LGBT+ al fianco di chi è in difficoltà

Nonostante l’attuale emergenza mondiale, le associazioni per il supporto LGBT+ continuano a svolgere nel miglior modo possibile il proprio lavoro. «Nelle ultime settimane abbiamo ricevuto un enorme volume di telefonate da parte di molti giovani» racconta Lucy Bowyer, direttrice dell’associazione Akt, che supporta e aiuta giovani senzatetto appartenenti alla comunità LGBT+.

Anche in Italia, le associazioni offrono il proprio supporto tramite una telefonata, uno scambio di mail o una chat. Il Circolo Culturale Omosessuale “Mario Mieli” ha girato uno spot con la presenza di personaggi LGBT e friendly, tra cui Vladimir Luxuria, Monica Cirinnà e Daniele Gattano, per invitare chi si trova in questa situazione a contattare la Rainbow Line (numeri 800 110 611 e +39 348 7708437).

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