Famiglia arcobaleno non riconosciuta dallo Stato: venderà l’auto per le spese legali

Oltre al danno di non essere riconosciuta come una famiglia, costretta a privarsi dell’auto per pagare le spese legali al Comune di Piacenza. È la storia di Sara e Irene, coppia di mamma nella vita ma non per la legge italiana, e dei loro bambini.

«Tutto cominciò due anni fa, quando in tantissimi Comuni d’Italia si trascrissero per la prima volta atti di nascita con due mamme – racconta Sara in un post Facebook – In attesa del secondo figlio, io e Irene, tentammo una mediazione informale dapprima e poi formalmente dopo, con il comune di Piacenza. Purtroppo fu tutto inutile, per loro non era legale (e politicamente inaccettabile, tra le righe) la trascrizione dell’atto con due mamme per Ilaria, né l’annotazione sull’atto di nascita del primogenito Alessio».

Così le due donne decidero di agire per vie legali insieme a un’altra famiglia arcobaleno nella stessa situazione, per far riconoscere le proprie famiglie come tali. Mentre altre corti – a Crema e a Parma – si esprimevano a favore della legittima della famiglie arcobaleno, il tribunale di Piacenza diede ragione al Comune. In appello le cose non cambiarono, sebbene il Comune di Piacenza decise di non presentarsi, addebbitando a ciascuna delle due famiglie 10mila euro di rimborso al comune di Piacenza per le spese legali. Da quanto raccontato dalla coppia, sarebbe stata negata loro anche la possibilità di dialogare con la sindaca Patrizia Barbieri che, neanche a dirlo, è di centrodestra.

«È la prima volta in Italia che accade per questo tipo di cause – spiega Sara – Rimborso al comune di Piacenza che ha una propria avvocatura e che quindi suppongo abbia speso ben meno di 10.000 euro per la causa. Ci hanno addebitato le spese legali applicando la tabella tariffaria più alta possibile per un tribunale. Come fossimo criminali. Noi pagheremo perché non siamo criminali e non andiamo contro la legge, ma voi dormite tranquilli la notte sapendo cosa state togliendo a due bambini? Diritti e tranquillità economica».

Le due donne hanno, per il momento, rinunciato ad acquistare una casa più grande e hanno venduto la propria automobile per comprarne una più piccola. In questa assurda storia, nessun minore è stato tutelato come indicato dal cartello «Piacenza città a sostegno dei bambini» all’ingresso della città, ma al contrario sono state tolte delle risorse al loro nucleo familiare che, al di là della sentenza, continuerà comunque a esistere.

Dopo il post di Sara, è scattata la solidarietà dei cittadini: come riportato da Libertà Piacenza, alcuni di loro si sono proposti di avviare una raccolta fondi per sostenere la coppia nel pagamento dovuto all’amministrazione comunale.

 

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