Undici Paesi hanno approfittato della pandemia di Covid-19 per limitare i diritti

Sfruttare i tragici momenti storici per scatenare l’omofobia e ogni tipo di strumenti di oppressione: secondo Civicus Monitor, un’alleanza di gruppi della società civile che ha valutato 196 paesi, diversi governi hanno utilizzato la pandemia come scusa per limitare diritti come la libertà di parola, la libertà di riunione e la libertà di associazione. Il rapporto sottolinea che il Covid-19 è diventato il pretesto per «introdurre o attuare ulteriori restrizioni alle libertà civiche», come la detenzione dei manifestanti, l’uso eccessivo della forza, la censura, gli attacchi ai giornalisti e le intimidazioni nei confronti dei difensori dei diritti umani.

Civicus Monitor ha classificato le libertà fondamentali come “chiuse”, “represse”, “ostruite”, “ristrette” o “aperte” (closed, repressed, obstructed, narrowed o open), sulla base di una metodologia che combina diverse fonti. Nel mondo più di un quarto delle persone LGBT+ vive in paesi con la peggiore delle valutazioni – “chiuso” – come Cina, Arabia Saudita e Turkmenistan.

Dei 196 paesi valutati, solo due – Repubblica Democratica del Congo e Sudan – hanno migliorato il proprio rating, passando da “chiuso” a “represso”, mentre undici paesi sono stati declassati, tra cui Stati Uniti, Costa Rica, Costa d’Avorio, Iraq, Filippine, Slovenia, Cile, Costa Rica ed Ecuador. Nel complesso, afferma il rapporto, le prospettive per le libertà civili delle persone sono “torbide”.

«L’uso della detenzione come tattica principale per limitare le proteste mostra solo l’ipocrisia dei governi che usano Covid-19 come pretesto per reprimere le proteste, poiché è più probabile che il virus si diffonda in spazi ristretti come le prigioni», ha detto Marianna Belalba Barreto responsabile della ricerca di Civicus Monitor.

Già l’87% della popolazione mondiale viveva in nazioni considerate “chiuse”, “represse” o “ostruite” e la cifra è in aumento del 4% rispetto allo scorso anno, poiché i diritti civili sono stati “deteriorati” in quasi tutti i paesi del mondo durante il Covid-19. E chi è intollerante solitamente non lo è solo contro la comunità LGBT+: ad esempio negli Stati Uniti, mentre milioni di manifestanti hanno preso parte al movimento Black Lives Matter, l’amministrazione Trump e la polizia hanno risposto con eccessiva forza e violenza e con detenzioni di massa.

In Europa, le mosse «autoritarie» dei governi che utilizzano la pandemia «come pretesto per ridurre le libertà» hanno limitato i diritti civili in Ungheria, Polonia, Slovenia e Serbia. Mentre nell’Africa occidentale sono quattro i paesi – Costa d’Avorio, Guinea, Niger e Togo – ad essere stati declassati da “ostruiti” a “repressi”. E spesso la repressione colpisce target ricorrenti: le persone LGBT +, immigrati o rifugiati, ha affermato Josef Benedict, ricercatore di Civicus Monitor: «In Uganda, abbiamo visto persone LGBT prese di mira con il pretesto del Covid 19, mentre in India i migranti hanno subito ulteriori violazioni. Anche l’espansione della sorveglianza è motivo di preoccupazione. La Cina, che aveva già una vasta rete di sorveglianza, ha utilizzato la pandemia per espanderla, e in Armenia e Israele sono state adottate misure di monitoraggio ben oltre ciò che è accettabile dalla legge internazionale sui diritti umani». Civicus Monitor chiede ai governi di collaborare con la società civile e i difensori dei diritti umani «per arrestare questa spirale discendente e riportare le forze dell’ordine al loro lavoro».

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