Foto: Teatro Massimo TV

Al Teatro Massimo di Palermo va in scena la Traviata in chiave queer

Il mondo delle arti performative si è sempre contraddistinto per l’avanguardia sulle tematiche riguardanti l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Non suona quindi strano che proprio su un palco teatrale sia stata rivisitata una delle più grandi opere di tutti i tempi, la Traviata, in chiave queer.

La rappresentazione fa sì che il Teatro Massimo di Palermo, a Capodanno, possa nuovamente assumere il ruolo di «disturbatore culturale», dopo il concerto dedicato agli immigrati dello scorso anno. In questa versione della Traviata, Violetta (la protagonista) si innamora di un Alfredo che, nella rappresentazione, è una donna transgender. Alfredo è quasi pelato, vestito da donna, tutto di bianco e, mischiando il falsetto alle note basse, con un accento «di malattia e alienazione», come spiega l’attore Ernesto Tomasini al Corriere.

L’evento, girato per festeggiare la fine dell’anno, sarà visibile fino al 7 Gennaio sulla web tv del teatro (trovate il video YouTube dello spettacolo al fondo dell’articolo).

Le reazioni e l’idea alla base

Inutile dire che le reazioni sono state varie e contrastanti. Gli spettatori del web si sono divisi tra un «povero Verdi» e «complimenti per il coraggio», con dei botta e risposta tra «bigotti» e «bigotto sarà lei», tra «cosa sono queste cose?» a «viva la libertà!».

A rivendicare il significato politico e sociale dell’idea, è stato il direttore musicale del Massimo, Omer Meir Wellber. «Ciò è potuto avvenire per la visione culturale di un sindaco in cui la città si rispecchia, fa parte dei paradossi di Palermo – afferma – Quando abbiamo spiegato il progetto all’Orchestra, non c’è stata alcuna perplessità».

A questo, il direttore ha anche aggiunto che proprio quello streaming, tanto odiato in questa pandemia nei teatri mondiali, avrebbe reso lo spettacolo tecnologicamente possibile. In particolare, possiamo pensare al fatto che, in sala, lo spettacolo sarebbe stato completamente sommerso dai fischi del pubblico più conservatore. «Anche io mi sono travestito musicalmente – ha raccontato il direttore – Sono sceso dal podio e dalla mia comfort zone e ho suonato la fisarmonica, ho cantato Maruzzella. Mi sono messo in gioco in qualcosa che non mi appartiene».