Dai lesbodrammi alla famiglia (arcobaleno): intervista a Rosy Di Carlo, aka Diva&Lesbica

Irriverente e pungente nel rimarcare gli stereotipi legati alle donne lesbiche, Diva&Lesbica è tra più conosciute content creator LGBT+ italiana. Scrive, parla, intrattiene e racconta la quotidianità della prima lettera della sigla arcobaleno, un lesbodramma alla volta. Ma chi è realmente Rosy Di Carlo? Ce lo racconta lei stessa.

L’intervista

Sei conosciutissima nella comunità arcobaleno e non, ma te lo chiediamo lo stesso: chi è Diva&Lesbica? E dove finisce Rosy e inizia lei?
Diva&Lesbica nasce tre anni fa, quando un giorno ho deciso che volevo mettere l’accento sulla prima lettera della sigla LGBT+. Di lesbiche dichiarate in Italia che raccontano la realtà di una donna omosessuale ce ne sono veramente poche. Erano tutte prevalentemente bisessuali. Questo mi ha portata a chiedermi: «Ma possibile che non ci sia proprio nessuna che vuole raccontare il nostro mondo tutto al femminile per quello che è?». Potevo decidere di espormi semplicemente con il mio nome e cognome, ma il mio obiettivo era quello di mandare due messaggi chiari e diretti: «ci siamo anche noi» e «la parola lesbica non è insulto, tanto che io lo uso come nome d’arte». Non ho mai fatto distinzione tra Rosy Di Carlo e Diva&Lesbica perché la scelta di usare un nome d’arte così d’impatto è stato più un atto provocatorio.

Sei presente in moltissime piattaforme social. Come influencer lesbica, quale responsabilità senti di avere nei confronti delle nuove generazioni LGBT+ che ti seguono?
Questa è una domanda che mi piace tantissimo. Prevalentemente tutto quello che ho fatto in questi anni l’ho fatto per dare fiducia alle nuove generazioni, ma anche a chi ha qualche anno in più di me e non ha ancora trovato il coraggio di uscire dall’armadio. Sono stata una persona molto fortunata, non ho mai vissuto discriminazioni (prima di lavorare sul web). Per questo ho sentito la responsabilità di creare un posto sicuro per le persone che invece non hanno avuto la mia stessa fortuna, un posto dove sai che nessuno ti giudicherà mai.

Nel tuo libro “Dacci oggi il lesbodramma quotidiano” parli delle difficoltà nei rapporti tra donne. Quanti degli stereotipi su cui sdrammatizzi corrispondono a realtà?
Tanti, tutti! Degli stereotipi ne ho fatto una forza, sia nel mio modo di comunicare che nel mio romanzo. Credo sia estremamente importante saper ridere di se stessi e ci sono così tanti stereotipi nel mondo lesbo da poterne scrivere un intero libro. Sono spesso stata attaccata proprio per questa mia ironia tagliente che va a “deridere” i nostri stereotipi, ma se si fa ironia su tutto, senza cadere nell’offesa, credo sia estremamente importante farne anche sul mondo LGBT+.  L’uguaglianza, per me, parte da qui.

Cosa consiglieresti a una ragazza che si è appena scoperta lesbica?
Il consiglio che do sempre alle ragazze che si stanno scoprendo è: prendetevi il vostro tempo e non fatevi troppe domande. Le domande creano confusione: «Perché io? Ma quindi mi piacciono anche gli uomini? Perché sono attratta dalle donne? Lo sono sempre stata?». In un momento di confusione, quello del coming out personale, caricarsi di tutta una serie di quesiti peggiora una situazione che già potrebbe risultare pesante. Bisognerebbe solo lasciarsi guidare da quello che si sente in quel momento e basta.

Come hai vissuto il tuo coming out?
Diciamo che ho avuto due fasi. La prima è stata quando mi sono innamorata di una ragazza; in quel momento non mi sono fatta troppe domande ho seguito i miei sentimenti. Quando poi è passato quel sentimento e ho capito che non lo avrei mai provato per un ragazzo l’ho vissuta veramente male. Ho cercato di convincermi di essere bisessuale, mi sono forzata a conoscere ragazzi, avevo addirittura “deciso” che non avrei più avuto relazioni con donne e mi sarei accontentata di quello che mi avrebbe potuto dare una relazione etero. Poi ho conosciuto quella che è la mia ragazza da nove anni e ho capito che così come non puoi far finta di essere omosessuale, se trovi il coraggio di amare non puoi neanche far finta di essere etero.

Quali sono gli ostacoli che hai dovuto affrontare a causa del tuo orientamento sessuale?
Come dicevo qualche riga fa, sono stata molto fortunata. Diciamo che le difficoltà riguardo il mio orientamento sessuale le sto riscontrando adesso con il mio lavoro sul web. Se da una parte decidi di esporti per aiutare, dall’altra questa cosa ti marchia e si sa, l’Italia non è ancora del tutto pronta per questo tipo di marchio.

 

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Secondo alcuni politici, il ddl Zan contro omolesbobitransfobia, misoginia e abilismo non sarebbe una priorità. Qual è il tuo parere?
Credo che l’Italia sia uno dei paesi europei più omofobi e non lo dico io, lo dicono le statistiche. Io sono cresciuta in Belgio dove la situazione è totalmente diversa, non esistono neanche le serate a tema LGBT+ perché la gente non sente l’esigenza di dividersi. Ad una serata incontrerai facilmente un ragazzo che ci proverà con un altro ragazzo non conoscendo il suo orientamento sessuale; se sarà interessato risponderà alle avances, in caso contrario rifiuterà e la serata continuerà in tutta tranquillità. Questo è quello a cui dobbiamo ambire, un Paese dove il coming out non sarà necessario. Il ddl Zan sembrerà superfluo e la parola lesbica si userà senza paura di offendere una persona, ma ad oggi siamo ancora lontani anni luce da questa realtà. I casi di omofobia sono all’ordine del giorno e noi non siamo tutelatə.

Come ritieni ci si possa difendere dalla violenza e le discriminazioni motivate da crimini d’odio?
Alla violenza non bisogna mai reagire con altra violenza. Mi rendo conto, però, che è più facile dirlo che farlo, soprattutto quando temi ti possa succedere qualsiasi cosa per il tuo orientamento sessuale che non hai mai scelto. Questo è il motivo principale per cui il ddl Zan è così importante. Non per togliere la libertà di pensiero (cit. italiano medio) ma per evitare che si arrivi a situazioni spiacevoli come spesso accade. Io tendo ad ignorare, ma, come dicevo, le discriminazioni le ricevo sul web ed è quindi più facile ignorarle. Non so come reagirei se qualcuno per strada mi importunasse, te lo dico sinceramente.

Attualmente hai una compagna, con la quale stai condividendo un grande progetto di vita. Come immagini il vostro futuro tra dieci anni?
Il nostro futuro lo immaginiamo nella stanza del preside della scuola dei nostri figli a discutere con i genitori omofobi! Scherzo. Non abbiamo grandi pretese per il nostro futuro. In questi anni abbiamo costruito la vita che volevamo adesso ci manca l’ultimo tassello: un paio di figli, o anche tre o quattro, ma non dirlo alla mia compagna altrimenti mi va in crisi! Spero solo che i nostri, eventuali, futuri figli possano crescere in una società più inclusiva. Noi ce la metteremo tutta per far capire loro che, nonostante quello che dirà la gente, la loro famiglia non sarà mai sbagliata perché sarà una famiglia piena d’amore.

 

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Grazie Luca per questa piacevolissima intervista! Un abbraccio ai lettori di NEG Zone.