È figlia di due mamme: Comune nega la carta d’identità a una bambina

Il decreto amministrativo voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che prevede la sostituzione della terminologia “genitore o chi ne fa le veci”, in utilizzo a partire dal 2015 nei documenti d’identità rilasciati ai minorenni, con i termini “madre” e “padre” sta portando i primi sconvolgimenti nell’ambito dei diritti civili. Una bambina veneta, infatti, figlia di due donne ha visto negarsi la possibilità di ricevere dall’ufficio anagrafe del suo comune di residenza, Favaro Veneto, il documento d’identità, fondamentale per l’espatrio e ai fini del riconoscimento di fronte alle Stato.

Per un cavillo burocratico, che rende difficile stabilire come inserire il nome del genitore secondo della bambina (quello non biologico) nella sezione dedicata al “padre” quando di un padre non si tratta, la bambina è, di fatto, priva di qualsiasi riconoscimento.

«Il mese scorso abbiamo chiesto le fosse rilasciata la carta e abbiamo subito intuito che non sarebbe stato semplice. Gli impiegati dell’Anagrafe si sono dimostrati collaborativi ma, dopo qualche telefonata andata a vuoto, non sapevano come compilare i dati anagrafici. Inserire un nome palesemente femminile di fronte alla dicitura “padre”, tanto voluta da Salvini, rischierebbe infatti di trasformare quel documento in un falso» ha dichiarato la madre biologica della bambina.

Gli impiegati dell’ufficio comunale, messi dinanzi a questa situazione contraddittoria, hanno preferito interrompere la procedura di rilascio del documento per evitare di incorrere in errori, aspettando una risposta dal Ministero, che però non è ancora arrivata.

La situazione in cui questo decreto mette le famiglie arcobaleno, oltre ad essere profondamente retrograda, crea anche tutta una serie di contraddizioni e vicoli ciechi, che intensificano, in campo di diritto civile, il divario tra l’Italia e gli atri Paesi europei.

«Il governo italiano non può ignorare che l’Europa va in direzione diametralmente opposta, basti pensare che l’Unione nei giorni scorsi ha approvato un regolamento che invita i governi a valutare se è il caso di includere il genere di una persona nei documenti di identità e, nel caso, di inserire oltre a “maschio” e “femmina”, anche la voce “X”, per chi non si riconosce in nessuna delle due categorie» spiegano i legali delle donne.

 

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