Foto: Daniela Salmanca (Vanity Fair)

La quarantena di una sex worker transgender in una cantina senza doccia

Il lockdown imposto dal Governo per fermare la diffusione della pandemia di Covid-19 nel nostro Paese sta mettendo a dura prova molte categorie di persone che non sono adeguatamente tutelate per quanto riguarda i diritti sociali.

Tra queste ci sono i sex worker, che spesso vivevano già in situazioni di povertà e, non potendo più guadagnarsi da vivere, hanno dei seri problemi nel condurre una vita dignitosa; è quello che racconta Daniela Salamanca, una donna transgender di Torino, nota con il nome di Gennyfer e con una storia difficile che l’ha portata a prostituirsi, non per scelta ma per mancanza di un’alternativa.

Cinque anni fa, in seguito a un’aggressione subita da un cliente, Daniela aveva provato a cambiare vita e si è messa a cercare un altro lavoro, ma con scarsi risultati. «Vorrei un lavoro legale, onesto – aveva detto a Vanity Fair – Ma quando mi presento ai colloqui e la gente vede che sono una trans, storce il naso e mi scarta».

Costretta a tornare sulla strada, la donna è stata vittima di altri assalti. «Sono esasperata, ho subito tante, troppe aggressioni in questi anni in cui mi prostituivo in strada – aveva dichiarato a Dagospia lo scorso dicembre – l’ultima pochi mesi fa da un ragazzo sud-americano che urlandomi fro**o e finocchio mi ha spinta per terra, ho sbattuto la testa sul marciapiede e ho perso i sensi e la memoria».

Con le restrizioni ministeriali, la sex worker non ha potuto più guadagnare da mangiare e ora vive in condizioni di estrema povertà in una cantina. «Vivo qui in questo tugurio che mi ha messo a disposizione una persona che mi sta aiutando – ha rivelato Daniela a Vvox – non c’è nemmeno la doccia, quando posso vado a lavarmi nei bagni pubblici anche se non ci si potrebbe muovere, ho già preso 4 multe da 400 euro cadauna dalle forze dell’ordine che non potrò mai pagare, ero in giro a cercare da mangiare non a fare shopping o a prostituirmi ma non hanno voluto ascoltarmi».

La donna ha lanciato una richiesta d’aiuto: «Vivo in uno scantinato sito in via Montevideo 33 a Torino mi appello al buon cuore dei torinesi affinché mi portino qualcosa da mangiare, un panino, una pizza, del formaggio, degli scatolami, della frutta, qualcosa che non si cucina dato che non ho né fornelli né forno, è già tanto che ci sia un lavandino, un letto e un water».

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