Corea del Sud, persone LGBT+ stigmatizzate come “untori” del Coronavirus

Cresce la preoccupazione in Corea del Sud, non solo per il rischio di una nuova ondata di contagi del nuovo Coronavirus, ma anche per la dilagante omofobia tra la popolazione, che ha trovato nelle persone omosessuali un capro espiatorio.

È noto come il Paese asiatico sia stato in grado di contenere il contagio di Covid-19, ricevendo l’apprezzamento da parte di tutta la comunità internazionale. Tuttavia, da qualche giorno, si ritrova a gestire un nuovo focolaio, che sarebbe collegato alla riapertura di night club e discoteche, tra cui alcuni locali gay. Nello specifico 29 nuovi casi di contagio su 35 sono da riportare a Itaewon, il distretto gay della capitale, ampliando il potenziale numero di infezioni ascrivibili al club a 86.

Dopo che Kookmin Ilbo, un giornale locale con collegamenti a una chiesa evangelica, ha riferito che le attività visitate da un contagiato erano club gay, molti altri giornali sudcoreani ne hanno seguito l’esempio, rivelando non solo l’identità della clientela ma anche alcuni dei loro dati personali come età, nomi e luoghi di lavoro, scatenando in questo modo una lunga trafila di insulti omofobici online, oltre all’outing indesiderato.

Sebbene attualmente non si registrino episodi di violenza, molta preoccupazione viene espressa dalle associazioni di tutela dei diritti LGBT+, in quanto questo clima spingerebbe le minoranze sessuali a non dichiarare i propri sintomi o i luoghi frequentati per timore di discriminazioni e rappresaglie.

Al fine di individuare i potenziali contagiati, Reuters riferisce che il governo sudcoreano rintraccia le persone infette dalle registrazioni video, estratti conto delle carte di credito, dati sulla posizione del telefono e altro ancora. I funzionari sanitari utilizzano tali informazioni per formare elenchi di potenziali infezioni, tuttavia alcuni di questi dati sono stati diffusi.

Proprio per questo motivo il primo ministro Chung Sye-kyun in un incontro con funzionari governativi ha dichiarato: «Vi esortiamo ad astenervi dal distribuire informazioni personali dei pazienti o voci infondate poiché può danneggiarli. La nostra massima priorità è ridurre al minimo la diffusione delle infezioni nella grande area di Seul».

Nelle scorse ore i vari giornali coreani hanno eliminato il riferimento a “locali gay” negli articoli, ovviamente senza scusarsi. Anche in questo caso, dunque, la pandemia non fa altro che rendere più debole la già fragile tutela delle minoranze.