Francesca Rescigno (UniBo): «Subito una legge contro l’omotransfobia. Non esiste una classifica dei diritti»

Intervista alla professoressa di Istituzioni di Diritto Pubblico e Diritto delle Pari Opportunità dell’Alma Mater Studiorum

Ora che l’iter per una legge contro l’omotransfobia sta entrando nel vivo, una moltitudine di fake news sta riempiendo il web a sostegno di qualunque teoria che supporti il prolungamento di un’età senza diritti. La proposta di legge in discussione potrà rappresentare un altro passo verso una sempre più piena attuazione del principio di eguaglianza sostanziale. Ne abbiamo parlato con chi quotidianamente combatte contro le discriminazioni da una cattedra universitaria.

Professoressa Rescigno, lei insegna Diritto delle Pari Opportunità all’Università di Bologna, un corso innovativo e prezioso perché raro da trovare in Italia. Il suo impegno accademico è molto ampio e abbraccia anche il gender mainstreaming, come nasce questa domanda di ricerca? Ha trovato nell’Accademia un ambiente permeabile a questi temi?
Il corso è effettivamente una novità nel panorama accademico, io l’ho fortemente voluto e ho dovuto affrontare alcune perplessità da parte di chi doveva avallare questa mia scelta, ma alla fine non ci sono state vere resistenze. Certo, è solo un piccolo corso facoltativo. Credo che spiegare l’eguaglianza dovrebbe essere un compito dell’istruzione pubblica a partire dalla scuola materna fino all’università. Tuttavia, dall’anno scorso l’insegnamento è diventato un corso sperimentale poiché ho introdotto il supporto cinematografico alle lezioni e apposite slides curate da me. Ci sono state tesine, presentazioni, creazioni di video, rappresentazioni: davvero una fantastica esperienza. Chi ha partecipato al corso lo ha fatto con passione e attenzione, 30 studenti/esse per un corso complementare delle lauree magistrali è davvero un successo e i report sono stati ottimi. Per me una grande fatica, ma soprattutto un’immensa soddisfazione.

Il prossimo 30 giugno verrà depositato presso la Commissione Giustizia della Camera il testo base della proposta di legge contro l’omotransfobia, qual è la sua opinione sull’articolato che unisce le quattro proposte della maggioranza? Che cosa manca rispetto alla più virtuosa legislazione presente in altri Paesi?
Sinceramente credo che sia scandaloso che ancora oggi l’Italia non sia stata in grado di approvare questa legge e purtroppo temo che anche questa volta le resistenze provenienti da più settori politici (e non solo) potrebbero avere la meglio e rimandare ancora l’approvazione. Il testo mi pare completo e ben articolato, io avrei forse sottolineato ancor di più l’aspetto educativo, ma probabilmente è una “deformazione professionale”. Mi piacerebbe che questa fosse l’occasione anche per ripensare la legislazione in tema di relazioni affettive e soprattutto per colmare il grande vuoto della omogenitorialità.

La comunicazione delle associazioni “pro life” sta risultando molto efficace quanto promotrice di un messaggio distorto, si sostiene l’idea che le persone LGBT+ siano una “categoria protetta” e che una legislazione di tutela possa arrivare a violare il principio di eguaglianza. Che cosa ne pensa?
Purtroppo è passato questo messaggio falsato per cui l’approvazione di una legge che sanzionasse l’omofobia costituirebbe una lesione delle libertà fondamentali e, in particolare, della libertà di pensiero. In realtà quest’assunto parte da un dato profondamente sbagliato e cioè l’idea che esista una sorta di “classifica” tra i diritti fondamentali, ma così non è ed anche se alcuni diritti possono apparire più essenziali di altri al fine della costruzione dell’impalcatura costituzionale, come ad esempio il principio di eguaglianza o i principi personalista e pluralista, la regola comune che deve essere sempre applicata per la coesistenza dei diritti è quella del bilanciamento.

In tal senso, bilanciare i diritti non rischia di tradursi in un compromesso al ribasso per le istanze delle persone LGBT+?
In effetti, “bilanciare” i diritti potrebbe magari sembrarci ambiguo o rappresentare un aggiustamento al ribasso, ma è effettivamente necessario in molte situazioni e l’evocativa immagine della bilancia spiega quale discrezionalità debba guidare l’azione del Legislatore per fare convivere con il maggior equilibrio possibile diverse situazioni egualmente meritevoli di riconoscimento. Il bilanciamento dovrebbe essere opera del Legislatore, o per meglio dire di un Legislatore “ragionevole” (e magari laico) nel momento in cui fissa le regole della comune convivenza, e in secondo ordine del giudice che le interpreta. I nostri diritti fondamentali quindi si trovano su di un piano di parità e non è possibile determinare a priori l’esistenza di un diritto fondamentale che primeggia sempre e comunque sugli altri diritti fondamentali, per cui il bilanciamento tra diritti, in caso di dubbio e contrasto, deve essere effettuato per quel caso concreto dal Legislatore o dal giudice valutando le diverse situazioni in gioco.

La libertà di espressione è a rischio?
Gli “hate speeches” non sono solo pensieri in libertà, ma pensieri di odio che possono facilmente condurre ad azioni di odio. Per questo è necessario interrogarsi su come circoscrivere e contenere questo fenomeno sempre più dilagante. Comportamenti di questo tipo si pongono in contrasto con il diritto all’eguaglianza senza distinzione di sesso proclamato e protetto dall’articolo 3 della nostra Costituzione, e ancor prima contro il principio della dignità umana che è un valore supremo e universale. Ecco dunque che “bilanciando” la libertà di pensiero da una parte con l’eguaglianza e la dignità umana dall’altra, appare chiaro che la libera manifestazione del pensiero deve fare un passo indietro. Come costituzionalista ritengo che la possibile previsione penale di sanzioni in materia di propaganda e istigazione a delinquere per motivi fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere non costituisca una violazione dell’articolo 21 della nostra Costituzione poiché l’intero sistema dei diritti fondamentali è costruito sulla reciproca interazione e bilanciamento e in tale ottica la dignità umana e il principio di eguaglianza non appaiono sacrificabili in nome di una presunta libertà espressiva.

Lei ha scritto di un ex Ministro che ha governato con il rosario in mano, crede che la rivendicazione di diritti possa mai essere slegata dal credo religioso all’interno di un Paese che ha un legame così indissolubile con il Vaticano?
La mancata laicità del nostro ordinamento è una delle maggiori vulnerabilità dell’intero sistema, l’Italia non è un Paese laico e non solo perché la laicità non è stata espressa fortemente nella Carta costituzionale, ma perché ancora oggi le scelte dei nostri Legislatori appaiono fortemente condizionate dall’opinione della CEI. Discutere di laicità non significa occuparsi di concetti filosofici e trascendentali, la laicità infatti è molto concreta, si vede, si tocca con mano ogni volta che assistiamo a trattamenti diseguali che non hanno alcuna giustificazione giuridica.

Italia e laicità, due parole che non potranno mai legarsi?
Domandiamoci perché un uomo e una donna che si sposano contraggono un matrimonio mentre due uomini e due donne che si sposano concludono invece un’unione civile, esistono forse unioni affettive di serie A e di serie B? Ancora, domandiamoci quali sono le vere ragioni che si trovano dietro al rifiuto della maternità surrogata in un Paese dove una Presidente di regione (donna, sigh!) obbliga al ricovero per interrompere una gravidanza mortificando drammaticamente il diritto alla salute e la capacità di autodeterminazione delle donne. Non dico nulla sulla libertà di chi non sopporta più una vita che non ritiene dignitosa perché altrimenti non finirei più: se la vita è un diritto, allora lo deve anche essere la scelta di chi non può più proseguire in condizioni che non ritiene accettabili, non si tratta di eutanasia di stato ma di autodeterminazione. Insomma, un Paese che non è veramente laico, che ha una “laicità battezzata” come la nostra, un Paese in cui troneggiano i crocifissi nelle scuole e l’ora di alternativa è ancora oggi una chimera, è un Paese che faticherà sempre moltissimo per poter esprimere una legislazione capace di realizzare effettivamente il principio di eguaglianza.

Quanto ce la possiamo prendere con la Chiesa?
Io non ho proprio nulla contro la Chiesa cattolica che fa magnificamente il suo mestiere e anzi a volte prende il posto di governanti poco attenti e autoreferenziali come ad esempio nell’encomiabile caso dei “corridoi umanitari” (mentre ci sono Ministri che chiudono i porti, alcune istituzioni religiose realizzano virtuosi sistemi di accoglienza per chi fugge da odio, dolore, guerre e discriminazioni sostituendosi a uno Stato assente e punitivo verso chi è più debole). Ma quello che urta la mia sensibilità di donna, cittadina e costituzionalista è il dover continuare ad assistere all’uso della religione per scopi politici, la religione infatti diventa un’arma imbattibile nelle mani di un Legislatore opportunista e un uso inappropriato del credo religioso compromette la stessa attuazione dell’eguaglianza costituzionale.

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