Russia, 70% di Sì al referendum: sulla Costituzione il matrimonio sarà uomo-donna

Notizie sconfortanti arrivano dai primi exit poll sul referendum per la riforma costituzionale in Russia. La vittoria del Sì è stimata al 70%.

In questi giorni, più precisamente 7, si stanno tenendo le votazioni per l’approvazione delle riforme alla Costituzione russa. Dai primi dati, considerando un’affluenza alle urne di circa il 65% e lo scrutinio avvenuto di meno della metà delle schede, risultano essersi espressi a favore della riforma circa il 76% dei votanti. Cifra che, secondo le proiezioni, si dovrebbe assestare sul 71% a fine spoglio.

Su queste elezioni non ancora concluse, però, aleggiano già parecchie ombre; tra proteste e votanti che denunciano di essere entrati al seggio più volte nel corso dei diversi giorni in cui sono state aperte le urne (misura istituita per fronteggiare l’emergenza Covid-19). A dire il vero, il Cremlino avrebbe potuto far approvare la riforma senza interpellare il popolo, ma questa sarebbe una strategia per preservare una parvenza di legittimità.

Cosa comporta la vittoria del Sì?

La propaganda elettorale, come abbiamo visto, ha fatto leva principalmente su tematiche sociali quali, ad esempio, matrimoni e adozioni gay. Con la ormai nota pubblicità regresso contro l’omogenitorialità si andava a promuovere un emendamento della Costituzione che aggiungerà alla definizione di matrimonio la dicitura «un’unione di un uomo e una donna». Inoltre, verrà più volte menzionata la fede in Dio in modo da ingraziarsi la Chiesa ortodossa, sostenitrice di Putin.

Le altre riforme principali riguardano tutte un ampliamento dei poteri di Putin, in modo che la sua politica possa continuare indisturbata. Innanzitutto, si provvederà a far ripartire da zero il conteggio dei mandati di Putin. In questo modo, si potrà aggirare il limite imposto dai due mandati consecutivi appena conclusi e il presidente in carica si assicurerebbe la poltrona almeno fino al 2036.

La riforma, che si presenta come rafforzativa dei poteri del Parlamento, in realtà accentra maggiormente il potere nelle mani di Putin che potrà «dirigere il lavoro del governo», imporre un candidato alla guida dell’esecutivo se per tre volte la Duma lo rifiuta, senza indire elezioni parlamentari. Il premier avrà meno potere e i ministri faranno riferimento direttamente al Cremlino. Inoltre, verranno attuate tutta una serie di manovre per tutelare la presidenza dalle inferenze dei tribunali internazionali. Sarà, poi, proibita ogni cessione territoriale, in maniera tale che non si potrà restituire la Crimea all’Ucraina.

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