«Ossessione dittatoriale» del politically correct e «scelte LGBT»: la toppa di Gué Pequeno è peggio del buco

In una nuova intervista per il Corriere, su domanda del giornalista Matteo Cruccu, Gué Pequeno torna a parlare del polverone mediatico che si è sollevato alcuni mesi fa dopo alcune infelici dichiarazioni nei confronti del collega Ghali. «Non sono omofobo – aveva affermato il Frank Sinatra del rap – però un rapper che si veste da da donna e utilizza la borsetta mi fa ridere, che poi almeno fosse gay».

L’ex giudice di The Voice of Italy proprio non ci sta a essere etichettato omofobo. E, sia chiaro, ha ragione in questo; è sbagliato dividere le persone in due categorie – quella dei friendly e quella degli omofobi – sono le cose che diciamo o che facciamo a essere inclusive o discriminatorie, non le persone.

Il problema è, però, che la toppa di Gué Pequeno è peggio del buco: non solo il cantante non ha compreso l’accusa che gli è stata mossa dal mondo queer circa quella dichiarazione che ricalca stereotipi di genere e sulle persone omosessuali, ma senza volerlo e in buona fede utilizza le stesse espressioni di chi i diritti LGBT+ gli ostacola per “professione”: i politici dell’estrema destra e gli attivisti pro-life.

«Il politically correct è un’ossessione dittatoriale – afferma il rapper milanese – Era una questione estetica e culturale, non legata alle scelte LGBT. Semplicemente, non andrei in giro vestito di fucsia, con un pennacchio in testa. Perché si potrebbe pensare che, non avendo niente da dire, vestendomi in modo assurdo potrei far parlare di me».

Fermo restando che ognuno può scegliere di vestirsi come ritiene più opportuno e che l’estetica non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale, parlare di «ossessione dittatoriale» del politically correct significa non voler davvero capire il peso che hanno alcune parole dette da un personaggio influente nei confronti del pubblico. Davvero chiedere di non associare degli abiti al genere femminile o all’omosessualità – che tra i giovani può diventare motivo di bullismo – può essere vista come un’«ossessione dittatoriale»? Quest’ultima è, tra l’altro, un’espressione orribile, perché ricordiamo che la comunità LGBT+ è stata tra le vittime dell’unica dittatura che ha conosciuto il nostro Paese. Infine, essere omosessuali, bisessuali o trans non è una “scelta”: i suoi amici V.I.P. che lo hanno difeso dopo le polemiche potrebbero farci il favore di spiegarglielo.