Nessuno deve «accettare» l’identità di genere di Jessica Alves, né chiamarla «mostro»

Jessica Alves ha fatto della trasformazione del proprio corpo un motivo di vita e anche un lavoro, con ospitate nei salotti televisivi di mezzo mondo, tra cui quelli dei programmi di Barbara d’Urso, da Domenica Live a Pomeriggio 5 passando per il Grande Fratello. Diventata nota – prima di fare coming out come transgender – con il soprannome di “Ken umano”, Jessica ha fatto molto discutere per gli oltre cento interventi a cui si è sottoposta, motivo per cui ieri è stata al centro delle famose cinque sfere di LIVE Non è la d’Urso, dove ha percepito il commento di un chirurgo come un attacco alla sua persona.

In una serata in cui il tema del transgenderismo viene trattato forse con i migliori propositi, ma sbagliando spesso i pronomi e usando espressioni infelici come «cambiare sesso» o «diventare donna», ciò che lascia senza senza parole è l’intervento di un chirurgo plastico, il prof. Lorenzetti. «Io ti ho conosciuto tempo fa in altre trasmissioni in cui Barbara mi ha invitato e ho apprezzato la tua intelligenza, pur non condividendo nulla del tuo percorso – esordisce il medico – accetto anche il tuo cambiamento, mi sembra un po’ tardivo ma accetto anche questo, quello che voglio dirti è: ti sei guardata allo specchio?».

Non è chiaro quale sia il “cambiamento tardivo” che dovrebbe “accettare” il prof. Lorenzetti. Si riferisce all’identità di genere di Alves o alla sua transizione? Chi gli ha chiesto il nulla osta? Chi si è sottopostə al suo giudizio? Forse un commento di questo tipo spetterebbe a uno psicologo, non a un chirurgo che ha conosciuto una persona nei salotti di un programmi televisivo. Ci sono persone che spendono un’intera vita a interrogarsi sulla propria identità e sul proprio genere, trovando una risposta o accettando quella risposta in età adulta. Se Jessica afferma di aver trovato quella risposta a 36 anni, chi siamo noi per “accettarlo” o meno?

Ancora più triste è ciò che avviene dopo, quando a passare sotto la lente del giudizio è l’aspetto di Alves, con l’utilizzo di espressioni che la stessa ha ritenuto umilianti. Il professore ha sicuramente tutta la competenza e il buon senso di questo mondo quando mette in discussione gli effetti sulla salute di quell’enorme numero di interventi chirurgici o la professionalità dei medici che assecondano i desideri della donna, ma esce fuori dal recinto dell’empatia e del buon gusto quando afferma che, non avendo forme equilibrate, nel suo corpo non c’è «nessuna bellezza» e «nulla di femminile».

Quando Lorenzetti afferma che «una cosa è cambiare sesso e una cosa è creare un mostro» non si esprime al meglio, tant’è che Jessica reagisce saltando dalla sedia e andando su tutte le furie. «Tu sei un dottore anti-professionale – sbotta Alves – nessun dottore viene in una trasmissione televisiva così per dire che io sono un mostro. Tu non hai la libertà, io non ti conosco, non puoi chiamarmi mostro. Mostro sei tu, sei orrendo». A quel punto, il chirurgo sostiene che non intendeva darle del mostro: «Voglio spiegarmi se qualcuno avesse capito male. Io non ho nulla in contrario al tuo percorso, è una tua scelta, niente in contrario. Ma i chirurghi che si prestano a fare questo tipo di risultato, cioè a creare delle esagerazioni, stanno creando dei mostri».

Senza mettere in dubbio la buona fede del professore, alla fine dello scontro televisivo rimane in bocca l’amaro per l’ennesima occasione sprecata per usare un linguaggio che sia rispettoso. Se è vero che Alves si espone a questo tipo di critiche per professione, dall’altra parte ci si aspetterebbe una padronanza di linguaggio tale da evitare espressioni che si prestino a interpretazioni umilianti nei confronti della persona. Che avrà una corazza di plastica, ma del sangue nelle vene. Anche quando il pubblico la condanna alla luce rossa e premia con la luce verde chi ha sentenziato sulla sua bellezza e sulla sua femminilità.