Ammazzato dal clan perché gay: i carabinieri cercano i resti di Filippo Gangitano

Sono passati 18 anni dall’uccisione di Filippo Gangitano, il picciotto della ‘Ndrangheta che, secondo la testimonianza del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, sarebbe stato ammazzato da lui stesso nei pressi della propria masseria su ordine di quattro uomini ai vertici del clan Lo Bianco – Barba, al quale erano entrambi affiliati.

Alla base delle motivazioni di quell’omicidio, avvenuto tendendo una trappola alla vittima, c’era la sua omosessualità che stava diventando di dominio pubblico dopo che Filippo Gangitano aveva deciso di andare a convivere con un uomo. Per i boss «quelle cose non dovevano esistere» e bisognava «dar conto a San Luca». Il clan temeva, inoltre, che l’uomo volesse pentirsi e cambiare vita.

Seguendo le indicazioni di Mantella, peraltro cugino della vittima, i carabinieri del Ros, insieme ai vigili del fuoco, stanno cercando da alcuni giorni e senza alcun esito i resti di Gangitano, come riportato dalla stampa locale. A rendere difficile il ritrovamento, oltre al lungo tempo trascorso, vi è il fatto che nel frattempo è stata contruita la strada provinciale 15 che collega Vibo Valentia a Stefanaconi.