Bagno maschile vietato a uno studente trans a Napoli: compagni in rivolta

A distanza di pochi giorni dalle accuse di transfobia nei confronti di un’insegnante di un liceo veronese, che avrebbe avuto comportamenti omotransfobici nei confronti di alcuni studenti, un nuovo caso viene denunciato a Napoli, dove la classe 3H del liceo Gianbattista Vico si è presentata a scuola annunciando ai propri insegnanti uno sciopero e chiedendo in sostituzione delle lezioni un immediato dibattito.

Come riporta Repubblica, il tutto è scatenato da un episodio di discriminazione nei confronti di un loro compagno di classe transgender che, lo scorso lunedì, «è stato rimproverato con toni aggressivi per aver utilizzato il bagno corrispondente al genere in cui si identifica», ovvero quello maschile, raccontano i ragazzi. Ciò si sarebbe ripetuto diverse volte, fino ad arrivare alla convocazione del ragazzo nell’ufficio della dirigente scolastica.

«Anche in quell’occasione – raccontano gli studenti – ci si è rivolti al nostro compagno utilizzando pronomi non conformi alla sua identità di genere”. I ragazzi della 3H hanno poi affermato, che l’identità di genere del loro compagno e la sua volontà di utilizzare un nome e dei pronomi diversi rispetto quelli assegnatogli alla nascita sarebbero state definite «una scelta simbolica».

A questo punto l’intera classe ha deciso di scioperare, condividendo la propria lotta sui social e comunicando che continuerà a scioperare per consentire al proprio compagno di vivere libero dalle discriminazioni e di utilizzare il bagno del genere con cui si identifica. Una bellissima storia di solidarietà, in cui sono i più giovani a dare una lezione ai “grandi”.

Il tutto avviene, paradossalmente, nelle stesse ore in cui una parte del centrosinistra – tra Italia Viva e i cattodem – sta prendendo in considerazione alcune modifiche al ddl Zan promosse dal mondo del femminismo radicale trans-escludente. Non solo se l’espressione «identità di genere» dovesse sparire dal testo della legge le persone che non hanno intrapreso un percorso di transizione medicalizzato rischierebbero di rimanere tagliate fuori , ma emendare la legge significherebbe condannarla alla non approvazione, dato che dovrebbe tornare alla Camera.

 

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