13enne trans umiliata a scuola: preside chiede certificato medico per usare i pronomi giusti

Ancora discriminazione nelle scuole italiane. Come rende noto sui propri social Christian Cristalli, presidente e fondatore del Gruppo Trans, c’è un’altra storia dal sapore amaro che, nuovamente, coinvolge unə adolescente trans. Si tratta di una ragazza di 13 anni che, nonostantante il coming out in famiglia e il supporto delle compagne e dei compagni di classe non viene riconosciuta come tale da una docente che «continua a correggere la ragazza davanti a tutta la classe, perfino nell’uso dei pronomi».

Venuta a conoscenza della situazione, la madre decide di chiedere un incontro con la preside che, anziché dimostrarsi comprensiva e disponibile, richiede una  certificazione medica. «Nulla di più patologizzante», commenta Cristalli. Con un passaparola la madre della ragazza riesce a mettersi in contatto con l’attivista, che si rende disponibile ad accompagnarla ad un nuovo incontro con la preside e con la docente.

«Questa è la prima volta – sottolinea Cristalli – che viene richiesta documentazione medica dal servizio pubblico scolastico, che per primo dovrebbe offrire all* student* Transgender e in età evolutiva con varianza di genere ambienti inclusivi e accoglienti, prevedere la libera espressione della identità di genere dei ragazz*». L’attivista prosegue: «Basti leggere la legge sulla buona scuola del 2015 che inserisce il concetto di “identità di genere” e invita a una riflessione e ad un approfondimento dei temi legati all’identità di genere e alla prevenzione della discriminazione di genere, fornendo al contempo anche un quadro di riferimento nell’elaborazione del proprio Piano di Offerta Formativa».

Raggiunto telefonicamente, Cristalli ci ha spiegato che «C’è la necessità a livello ministeriale della protocollazione delle linee guida per l’utilizzo della carriera Alias nelle scuole, mediante percorsi formativi. C’è, in Italia, il riconoscimento del tema della varianza di genere per le persone in età evolutiva. Sono centinaia le famiglie coinvolte nei percorsi di transizione, che si ritrovano ad affrontare lo stesso percorso di transizione a livello sociale a scuola».

Le associazioni e gli attivisti, oltre ad accompagnare le famiglie in tali percorsi, organizzando incontri e laboratori, hanno bisogno del riconoscimento da parte dello Stato. «In Italia le nostre identità sono continuamente validate da diagnosi, da specialisti medici – afferma il presidente del Gruppo Trans – Con l’emissione, entro il 2022, delle nuove linee guida da parte dell’OMS, ci sarà la depatologizzazione e non si dovrà più parlare in Italia di diagnosi».

A Napoli un caso simile a lieto fine

Dopo che a uno studente trans era stato vietato l’accesso al bagno maschile da parte degli insegnanti, una classe terza di un liceo partenopeo ha scioperato per tre giorni, fino a quando – grazie all’intervento di iKen e Arcigay Napoli – la preside ha accettato il riconoscimento del ragazzo e si è giunti a un accordo per avviare una campagna di sensibilizzazione per gli studenti con l’aiuto delle due associazioni.

Questi episodi continuano a registrarsi incessantemente mentre, in Parlamento, la Legge Zan non solo è ostacolata dalla Lega, ma è minacciata dalle proposte di emendare il testo da parte di Italia Viva e alcune esponenti del PD, che vorrebbero proprio andare ad eliminare l’espressione “identità di genere”. Probabilmente avranno inciso le pressioni provenienti dal mondo del femminismo radicale, che vede in tale espressione una minaccia per la donna. Niente di più falso. Dovesse la politica piegarsi all’ideologia TERF, la domanda è: lo Stato riconoscerebbe una discriminazione transfobica ai danni di una giovane persona trans che non ha intrapreso un percorso di transizione e/o non ha i documenti congruenti col genere in cui si riconosce?