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L’UEFA spegne l’arcobaleno, nel portiere ungherese Gulacsi un barlume d’orgoglio

L’Allianz Arena di Monaco non si accenderà d’arcobaleno in occasione dell’incontro tra Germania e Ungheria di questa sera, che deciderà l’accesso delle due nazionali agli ottavi di finale di Euro 2020. A deciderlo è stata l’UEFA che, dopo aver deciso di non sanzionare il portiere Manuel Neuer per aver indossato una fascia arcobaleno al braccio, stavolta ha stabilito che illuminare con i colori della bandiera rainbow lo stadio sarebbe un messaggio politico dato che l’Ungheria ha recentemente approvato una legge sul tema dei diritti LGBT, vietando la “propaganda” di temi legati alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso e all’identità di genere ai minori.

 

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Se sul fronte tedesco le proteste si sono fatte sentire, quello ungherese sceglie il silenzio. L’unica voce è quella del portiere Péter Gulácsi, che intervistato sulla questione risponde che «Questa è una decisione della UEFA. Noi giocatori non possiamo farci niente, non abbiamo niente da dire», sottolineando tuttavia che «Tutti sanno come la penso al mondo».

Il calciatore è, infatti, uno dei pochissimi atleti ungheresi ad essersi esposto in favore dei diritti LGBT+ in passato. Durante lo scorso febbraio, Gulácsi aveva contestato la proposta di legge approvata pochi giorni fa e, insieme alla moglie aveva appoggiato una campagna del movimento LGBT+ ungherese in favore dell’omogenitorialità. «Vivo all’estero da più di 14 anni, ho conosciuto tantissime persone diverse, sia nella mia vita privata che nello sport professionistico, di nazionalità, cultura, religione, filosofia di vita o altro – ha scritto nel post – Più tempo si trascorre all’estero o tra persone diverse, più ci si rende conto che il fatto che non tutti siano uguali renderà solo il mondo più colorato e che la cosa più importante è l’amore, l’accettazione e la tolleranza per gli altri».

«Tutti hanno diritto all’uguaglianza – ha rimarcato – Proprio come ogni bambino ha il diritto di crescere in una famiglia felice, quella famiglia dovrebbe essere composta da un numero qualsiasi di persone, di qualsiasi sesso, di qualsiasi colore, di qualsiasi religione. Sono al fianco delle famiglie arcobaleno! Esprimiamoci contro l’odio, siamo più disponibili e più aperti!». Dichiarazioni che hanno scatenato feroci critiche in Ungheria.

 

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Va sottolineato il grande coraggio di Gulácsi, ma anche il fatto che, giocando a Lipsia, ha la libertà di esprimersi senza gravi ripercussioni sulla propria carriera. Lo scorso marzo, infatti, l’ex calciatore Janos Hrut­ka fu licenziato dalla rete televisiva Spiler TV in seguito ad alcune sue dichiarazioni in favore dei diritti LGBT+. Un episodio che evidenzia quanto sia oppressa la comunità LGBT+ ungherese e chiunque ne sia alleato, ma anche la contraddizione di chi ritiene il ddl Zan liberticida ma plaude alla legge voluta e fatta approvare da Orbán.

Nel frattempo, importanti messaggi di supporto nei confronti delle persone LGBT+ stanno arrivando da alcuni club italiani (come il Milan, la Juventus, il Palermo e il Bari) ed esteri (come il Barcellona), che hanno pubblicato sui canali social il proprio logo con i colori della bandiera arcobaleno, in alcuni caso dividendo i tifosi.

 

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