Nelle interviste rilasciate negli ultimi giorni da Matteo Renzi sul ddl Zan, il leader di Italia Viva ha citato diverse volte ArciLesbica (ormai nota per le proprie posizioni “gender critical”) e SeNonOraQuando tra le associazioni lesbiche e femministe che vorrebbero lo stralcio dell’identità di genere dal testo approvato alla Camera, a supporto della propria posizione di cercare una mediazione con le destre.
A smentire il senatore fiorentino è proprio il movimento SeNonOraQuando, che in una lettera ha sottolineato come si tratti di una fake news. «Senatore Renzi, come dobbiamo ancora dirlo e in quale lingua perché lei lo capisca? – si legge nella nota firmata da Laura Onofri a nome del Coordinamento nazionale dei comitati – Il movimento Senonoraquando è favorevole all’approvazione del ddl Zan, così come nel testo pervenuto dalla Camera senza nessuna mediazione».
L’attivista spiega che ad essere a favore della mediazione è soltanto il comitato Snoq Libere. «Omettendo questo lei distorce la realtà a suo uso e consumo – continua la lettera – Così come citando ArciLesbica omette di citare tutta la maggioranza dell’associazionismo lesbico che è a favore della proposta di legge in questa stesura».
«Ma non creda che questo le giovi – avverte Onofri – Le donne, le tante donne del movimento femminista sanno discernere e sanno capire che questa sua presa di posizione a favore di una mediazione (che lei sa benissimo non sfocerà in nulla e che ha il solo scopo di affossare la legge e fare un gran favore alla destra) non è altro un posizionamento per chissà quali suoi giochi politici».
Più volte, negli ultimi mesi, politici e quotidiani di destra contrari al ddl Zan hanno strumentalizzato le posizioni di ArciLesbica e delle femministe radicali che aderiscono al movimento “gender critical” per generalizzarle all’intera categoria delle donne lesbiche e femministe. Uno stratagemma comunicativo utilizzato negli ultimi giorni anche da Renzi, ma per niente gradito dalle attiviste di Senonoraquando, che come oltre 100 associazioni e collettivi LGBT+ chiede al Senato di non emendare la legge.
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