Fingere un attacco omofobo: manuale d(‘)istruzione

Nel mondo dei social media avere i quindici minuti di celebrità di cui parlava Andy Warhol è facilissimo. Basta seguire piccoli semplici passi: un foglio A4, un pennarello e della colla vinilica… Fatto?! Scherzi a parte, possiamo tutti avere la nostra dose di celebrità, soprattutto se siamo vittime di una maledetta storia, magari perché di quella storia siamo anche i registi.

Non nascondiamoci dietro a un dito: in mezzo a un numero spaventosamente crescente di attacchi omofobi, assolutamente gravi e da biasimare, ce ne sono alcuni che sono solo una stupida trovata di qualche persona omosessuale in cerca di fama. Come esiste il razzista che inventa una violenza subita da parte di un extracomunitario (o vicersa), come ci sono fatti di cronaca di stupri mai avvenuti nella realtà, c’è chi studia a tavolino finte aggressioni o insulti omofobi. Detta in breve, la mamma dei cretini è sempre incinta e non c’è nessuna categoria esente, nemmeno quella degli omosessuali.

Non è passato molto tempo dal caso dell’attore americano Jussie Smollet (Jamal Lyon in Empire) incriminato ufficialmente per aver inscenato un’aggressione omofoba ai suoi danni, denunciata alla polizia di Chicago che non ci ha messo molto a scoprire che i presunti aggressori erano stati pagati dall’attore stesso.

Un altro emblematico caso, seppur meno recente, è quello di Alexandra Pennell che, nel 2012, denunciò delle minacce omofobe per aver ricevuto delle lettere in cui le si augurava addirittura la morte. Salvo poi confessare (dopo essere stata scoperta dalla polizia) di essersi scritta da sola quelle lettere solo per avere più attenzioni dalla coinquilina, dagli amici e dalla sua ragazza.

Il pericolo di urlare “Al lupo, al lupo!” è presto detto. Basta cercare “finto attacco omofobo” su Google e si scoprono innumerevoli link dal sapore cattofascista che, approfittando di questi – per fortuna – sporadici casi, dipingono l’intera comunità arcobaleno come un’attention whore desiderosa dei suoi quindici minuti di riflettori.

A inventare una stronzata del genere, passatemi il termine, non ci vuole nulla, nemmeno poi tante risorse o fantasia. Che poi il tuo gesto provochi delle conseguenze sia a te che a chi ti circonda, chi se ne importa, no? Si potrebbe pensare che questi gesti vengano fatti, oltre che per richiedere attenzioni (come spesso candidamente ammesso dai loro artefici), anche per sensibilizzare la società alla vera omofobia, quella che lascia i segni e, purtroppo, molto spesso spinge a soluzioni drastiche.

La favola di Esopo ci insegna però che, dopo un po’ di falsi allarmi, la società inizierà a dubitare anche di situazioni in cui non solo un allarme dovrebbe scattare, ma si dovrebbe agire con tempestività. Anche la comunità gay condanna queste azioni. Fingere attacchi omofobi potrebbe far desistere in futuro le vere vittime di omofobia dal denunciare i propri carnefici, perché spaventate dalla possibilità di non essere credute.

La notorietà, infine, è chiaro che non arrivi. In molte occasioni, la reazione a tali gesti è stata una gogna mediatica che ha portato addirittura alla chiusura e cancellazione dei propri profili social. Reazione da condannare, ovviamente, come tutte quelle che coinvolgono l’odio, ma abbastanza scontata quando si cerca di prendere in giro il popolo del web.

«Cui prodest scelus, is fecit» (Ha commesso il crimine colui a cui giova) faceva dire Seneca alla sua Medea. Peccato però che, alla fine dei conti, non giovi neanche a lui.

Roserade

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