«L’Intelligenza Artificiale è pericolosa ma può anche abbattere i pregiudizi»

La dottoressa transgender Vivienne Ming sostiene che l’Intelligenza Artificiale (IA) può essere cruciale per l’abbattimento dei pregiudizi nei confronti delle minoranze, ma ciò dipende dall’uso che se ne farà. Le insidie sono dietro l’angolo: l’IA non può combattere da sola gli steorotipi ma deve essere guidata. Inoltre, se abusata, l’IA può diventare uno strumento pericoloso.

«Trovare le differenze è quasi esattamente ciò a cui serve il deep learning – sostiene la neuroscienziata teorica statunitense – Ma non è il sistema (di raccolta dei dati, ndr) che deve preoccuparci, bensì come questi vengono usati».

Vivienne Ming sostiene che, ad esempio, il machine learning può aiutare a sfatare alcuni stereotipi che possono incidere nell’assunzione del personale, un problema non di poco conto dato che, a parità di curriculum, una persona omosessuale ha il 30% di possibilità di essere chiamata per un colloquio rispetto a una persona eterosessuale.

La stessa scienziata ha infatti creato un modello in grado di determinare la sessualità di una persona dalla sua pagina LinkedIn. Un’arma a doppio taglio: «Lanciando una rete neurale su un mucchio di dati si troveranno pattern in grado di prevedere i voti di una persona, le sue prospettive di lavoro o le probabilità di essere recidivi – spiega Vivienne Ming a The Guardian – Ma le correlazioni possono nascondere i pregiudizi più spaventosi, come ad esempio che gli uomini neri abbiano un rischio più elevato di recidiva. Abbiamo bisogno che l’Intelligenza Artificiale conosca le vere cause di ciò che rende qualcuno un reporter, un grande impiegato o uno studente con voti eccellenti».

Secondo Vivienne Ming bisogna che attorno all’Intelligenza Artificiale vi sia una profonda conoscenza dell’etica e che l’implementazione degli algoritmi debba coinvolgere anche chi è vittima di discriminazione. «Penso che sia incredibilmente importante che persone che hanno sofferto in qualche modo abbiano voce in questo. Se vieni da un background come il mio, sei scettico – confida la scienziata – Ti rendi conto che la tecnologia aumenta la disuguaglianza e può solo migliorare se adottiamo le giuste misure per evitare ciò».

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