Foto: Michele Emiliano (Facebook)

Le due facce della Regione Puglia sull’omotransfobia

Emiliano: «Regione Puglia si costituirà parte civile nel processo dell’aggressione omofoba», ma la legge è ferma da un anno e mezzo

L’efferata aggressione di stampo fascista e omofobico in Salento di quest’estate, ma emersa solo negli ultimi giorni, ha dato una scossa al dibattito pubblico regionale e nazionale sulla necessità di legiferare per contrastare l’omotransfobia. L’episodio è solo uno dei tanti che si sono registrati negli ultimi mesi nella regione governata da Michele Emiliano. A poche ore dalle primarie pugliesi, il Presidente ha annunciato che la Regione Puglia si costituirà parte civile nel processo ai 5 aggressori protagonisti dell’ultimo fatto di cronaca, accusati di aver ridotto in fin di vita un uomo perché gay.

In una nota, Emiliano ha dichiarato: «Desidero che la vittima sappia che la Regione Puglia è al suo fianco e che ho dato mandato all’avvocatura regionale di avviare l’iter per costituirci parte civile. Un segno di rifiuto della violenza omotransofobica che non troverà in Puglia nessuna sponda. Come non la troveranno quelli che seminano odio ogni giorno». Il Presidente della Regione Puglia ha poi parlato del disegno di legge contro l’omotransfobia, sottolineando che «è importante che quel testo diventi al più presto legge regionale».

I buoni propositi di Emiliano vanno tuttavia avanti dal 2017, quando la suddetta legge veniva varata, e rischiano di rimanere tali fino alla fine del suo mandato, a causa delle posizioni contrarie di alcuni consiglieri regionali di maggioranza.

Le reazioni delle associazioni LGBT+

A evidenziare la responsabilità di una parte del centro-sinistra pugliese sono state le associazioni LGBT+ locali e nazionali che, dopo il rifiuto del patrocinio della Regione allo scorso Bari Pride, hanno nuovamente invitato le istituzioni a non perdere ulteriore tempo. Arcigay Salento aveva subito sottolineato in un comunicato come «l’immobilismo del Consiglio Regionale Pugliese, che non riesce ad approvare il DDL 253 del 14/11/2017, arrechi un danno morale e sostanziale a tutte le vittime di violenza e a tutta la comunità LGBTI+».

Antonio Rotelli, attivista fondatore della Rete Lenford e primo firmatario della legge, nei giorni scorsi aveva criticato Emiliano in un post su Facebook: «Domenica ci saranno le primarie del centro-sinistra in Puglia. Sono ormai 5 anni che la giunta Emiliano e il Consiglio regionale non riescono ad approvare la legge contro le discriminazioni omo-transfobiche. Una legge necessaria alla Puglia perché la cultura, la prevenzione e la lotta alle discriminazioni sono indispensabili per bloccare la violenza che cresce – in tutta Italia – contro le persone omosessuali e trans».

L’attivista LGBT+ ha aggiunto: «Io non ho paura dei barbari che potrebbero arrivare a governare la Puglia, perché i barbari sono già al governo della Regione e io li ho conosciuti durante l’iter di approvazione della legge, che è bloccata da un anno e mezzo. Questi barbari siedono nelle fila della maggioranza di governo e si ricandidano per la prossima legislatura regionale. Se la legge non verrà portata in Aula e votata non ci sarà nessuna possibilità che io voti UNA COALIZIONE che riporti queste persone in Consiglio regionale. Not in my name». Rotelli ha poi invitato la Regione a calendarizzare la legge entro i prossimi 3 mesi e a votarla in modo che ognuno possa assumersi le proprie responsabilità, e tutte le istituzioni a costituirsi parte civile.

In seguito alle dichiarazioni di Emiliano, Luca Parente, presidente di ACQUE – Associazione per la Cultura QUEer, ha replicato: «Non si dovrebbe aspettare che accadano questi fatti gravissimi per ricordare la necessità di una legge che tuteli dall’omotransfobia. Sono anni che ci si comporta come se questo problema non ci fosse, promettendo una soluzione ad ogni singolo episodio di violenza, salvo dimenticarsene dopo pochi giorni. È giunta l’ora che la classe politica la smetta di nascondere la polvere sotto il tappeto e prenda definitivamente posizione per tutelare le vittime dell’odio, perché siamo stanchi di subire in silenzio».

 

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