Festa del papà: la famiglia raccontata da Marco, affidato a una coppia gay

Oggi, 19 marzo, ricorre la festa del papà, o potremmo dire la festa “dei papà” dato che c’è chi na ha due. Siamo abituati a sentir parlare di omogenitorialità le madri e i padri (qui la nostra intervista a Papà per Scelta) ma, poiché fino a qualche tempo fa le famiglie arcobaleno erano un fenomeno assai raro, è difficile raccogliere la testimonianza diretta di un figlio che ha avuto due genitori dello stesso sesso. Approfittiamo di questa ricorrenza per parlarne con Marco, il primo caso di affido a una coppia omosessuale in Sicilia.

La storia di questo ragazzo, oggi diventato ormai un uomo, passa per dei momenti dolorosi, quando si ritrova a vivere la propria adolescenza in una casa famiglia a causa dell’assenza del padre biologico. Dopo un anno, la madre lascia la struttura, così Marco resta insieme ai suoi fratelli più piccoli, a cui faceva da padre, finché non sono stati dati in affidamento a due famiglie. Il primogenito rimane così da solo finché, a 17 anni, ha l’opportunità di essere dato in affido a una coppia gay.

«Quando ho saputo che una coppia aveva richiesto di prendermi in affido, la psicologa della comunità mi aveva detto che non era una coppia come le altre ma che era una coppia omosessuale. Ovvero due uomini. Io a primo impatto non ho detto di no e li ho voluti conoscere» racconta a NEG Zone Marco, che confida di aver sfidato i pregiudizi con una piccola paura di allora, quella che fossero effeminati.

Il primo incontro si è tenuto in un ufficio del centro affidi, dove Marco ha incontrato Massimo e Alessandro con la presenza delle assistenti sociali. «Ero emozionato e stupito dal fascino di loro due, in quanto a primo impatto erano senz’altro più “etero” di quanto non fossero (ride, ndr). Due persone abbastanza riservate e professionali».

«Non li ho mai considerati come una mamma e un papà. Al massimo due papà – sottolinea Marco che si rivolge a loro chiamandoli per nome – Ma sono sempre stati un grandissimo punto di appoggio per me. Ci siamo sempre dati dei soprannomi come “Pucci pu” o altro. Ma per me sono come la mia famiglia perché se oggi sono così è anche grazie a loro».

Dopo sei anni trascorsi in questa straordinaria famiglia, pochi mesi fa Marco è andato a vivere con la sua fidanzata. «Il nostro rapporto è sempre bellissimo – racconta – Certo, ci vediamo sempre meno sia per il mio lavoro sia per la mancanza di tempo. La mia ragazza è stata accolta benissimo da loro come lei ha accolto loro».

Abbiamo provato a ragionare, con l’aiuto della preziosa testimonianza di chi ha vissuto in una famiglia arcobaleno, circa le motivazioni che portano alcune persone ad avere posizioni rigide rispetto alla famiglia tradizionale, a scapito dei diritti LGBT+ e, come effetto collaterale, degli stessi bambini e ragazzi. Una di queste è la “paura” che possano essere presi in giro dai coetanei.

«La gente pensa quello che vuole. Io per la mia esperienza posso dire che per me non è stato così. Mai nessuno mi ha preso in giro, né amici né compagni di scuola – afferma Marco – All’inizio potevo avere delle piccole preoccupazioni nel raccontarlo. Ho cominciato a dirlo prima al mio migliore amico, invitandolo addirittura a casa, e poi a tutta la classe. Andò a finire che i miei compagni chiedevano di venire a studiare da me, in quanto Massimo e Alessandro sono due persone abbastanza colte». Infatti, Alessandro è uno scrittore, che si è dedicato anche a temi LGBT+, mentre Massimo lavora nel turismo e conosce bene diverse lingue, due personalità che hanno incuriosito positivamente anche i compagni di scuola di Marco, che li hanno accolti in modo amichevole.

Marco spiega che la difficile situazione dei bambini, non più piccolissimi, nel trovare una famiglia: «Purtroppo solo in Sicilia ci sono troppe comunità con tanti bambini senza una vera e propria famiglia. E le famiglie che vorrebbero adottare un bambino sono pochissime. Anche perché questi bambini superati i 4/5 anni non li vuole più nessuno e sono costretti a vivere tutta la vita in comunità e ritrovarsi a 18 anni senza nessuno. Io ho avuto tanta fortuna ad incontrare due persone come Massimo e Alessandro. Credo che serva una legge per migliorare la situazione di questi minori in comunità. Anche perché per una coppia omosessuale non ci sono molte possibilità per poter avere un bambino e il desiderio di averne uno è infinito».

Per quanto riguarda la giornata di oggi, il lockdown non gli permetterà di passarla con Massimo e Alessandro, ma Marco ironizza, dicendo cha al massimo mangerà «tre sfince (dolce tipico siciliano che si prepara in occasione di San Giuseppe), perché sono così buone!».

Potete seguire questa straordinaria storia sulla pagina Noi e l’affido, gestita da Massimo e Alessandro.

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