Cosa non troverete in quest’articolo…
Se cercate un articolo che cerca di convincervi che una donna transgender sia fisicamente identica ad una donna cisgender o se cercate un articolo che cerca di colpire di pancia l’opinione pubblica usando come spauracchio le sportive trans, siete nel posto sbagliato.
E siete nel posto sbagliato anche se pensate che tirerò fuori dal cilindro da mago una soluzione definitiva. Quindi, qual è l’obiettivo di questa riflessione? analizzare i vari punti di vista e proporre alcune possibili soluzioni, ma anche smascherare chi utilizza questo tema per diffondere transfobia.
Prima di parlare di sportive transgender, andrebbe fatta una riflessione sullo sport
Lo sport è ingiusto per sua natura, e il movimento intersezionale dovrebbe fare una riflessione sui concetti di perdente e vincente in ambito sportivo, ancora interamente legati alla prestazione fisica, e non alla caparbietà, al miglioramento personale, e all’impegno. Quando si dice «che vinca il migliore!», cosa si intende, esattamente per migliore? Il vantaggio dato da madre natura è ancora centrale nella competizione sportiva. I volenterosi, se non hanno una buona dotazione di partenza, sono esclusi. Persino le Paralimpiadi premiano chi, a parte la disabilità, è fisicamente prestante.
Come è nata la divisione per sesso, perché, e se è ancora attuale
Di questi giorni la notizia dell’eliminazione delle categorie per sesso nel talent show X Factor. Le distinzioni per sesso nascono in contesti in cui non conta la forza fisica (ad esempio, le candidature agli Oscar), in un periodo in cui, senza questa distinzione, una donna non sarebbe mai stata premiata.
Oggi emerge il fatto che ci sono casi in cui l’interprete e il personaggio hanno genere diverso (pensate ad Hilary Swank, che interpretava Brandon Teena, un ragazzo transgender, in Boys don’t cry, vincendo il premio come migliore attrice protagonista, a Ruby Rose, non binary, che interpreta personaggi femminili, come Batwoman). In questi casi, premiare l’interpretazione dividendo per sesso ha senso?
Pensiamo ad un altro contesto, gli scacchi, dove la divisione in sessi, essendo irrilevante la prestanza fisica, è solo un modo di non far sentire gli uomini sconfitti dalle donne.
È possibile rendere equo un confronto tra atleti diseguali?
Ci sarebbero tante premesse di carattere medico e tecnico, sui controlli accurati e severi che oggi le associazioni di agonismo sportivo fanno prima di ammettere una donna transgender a competere con le altre donne, controlli di cui non si parla, perché conviene dare spazio ad allarmanti fake news. In questo articolo, però, voglio lanciare qualche spunto su come la questione potrebbe essere gestita, anche nel caso i corpi non facessero rientrare atleti ed atlete in questi parametri.
Alcuni sport dividono gli atleti non solo per sesso, ma anche per caratteristiche fisiche. Nelle paralimpiadi si fa anche di più: commissioni ed organi di persone competenti (medici, allenatori, atleti, ingegneri), creano le condizioni affinché la competizione tra atleti o tra atlete molto diversi/e tra loro sia equa. Far competere persone con disabilità identiche sarebbe impossibile, e umiliante per atleti ed atlete.
Anche nella scuola esistono le misure compensative e dispensative per gli alunni con bisogni educativi speciali. Perché non estendere queste pratiche quando deve essere gestita una competizione che comprende persone transgender? In questo modo, le persone transgender sarebbero messe nelle condizioni di competere con persone dello stesso genere (le donne transgender con le donne, gli uomini transgender con gli uomini), ma le differenze andrebbero gestite con rispetto e senza spauracchi.
Le sportive trans come cavallo di Troia gender critical
Oltre a proporre possibili soluzioni, quest’articolo vuole sottolineare un altro aspetto, non meno rilevante e non meno drammatico: il fatto che il movimento transfobico che si riconosce nell’etichetta Gender Critical usa le donne transgender dello sport agonistico per seminare odio verso le persone transgender, medicalizzate e non, e usa questo argomento per misgenderare le donne trans, chiamandole con appellativi offensivi come maschi transidenfiticati.
Se poche sono le persone transgender, e ancor di meno quelle sportive, quante pensate siano quelle nello sport agonistico? Parlare di loro è un modo di porre l’accento sempre e inesorabilmente sui corpi.
Spesso, vengono diffuse delle bufale, come quella relativa ad una donna transgender, spacciata per compagna di squadra di alcune ragazze, quando era l’allenatrice, o in altri casi si fa cherry picking, prendendo casi estremi per avvalorare tesi transfobiche, come fanno i sostenitori della RedPill per attaccare le donne e i loro presunti privilegi.
Le sportive transgender non sono l’unico grimaldello usato dai Gender Critical: minori questioning, detransitioner e carcerate transgender tengono compagnia alle nostre amiche atlete.
Ma da chi è composto il famigerato movimento Gender Critical?
È un errore farlo coincidere col femminismo radicale: molte femministe della corrente radicale rifiutano le visioni transfobiche. In compenso, il movimento Gender Critical ha assorbito No Gender, Sentinelle in Piedi, sostenitori delle terapie riparative, conservatori, reazionari, femministe “cattoliche”, fondamentalisti ed integralisti religiosi.
Come sarebbe meglio rispondere come comunità LGBT?
Siamo attivisti, non laureati in scienze motorie. Alcuni discorsi andrebbero lasciati a chi è abituato a misurare parametri prestazionali. Come attivisti, dovremmo concentrarci sugli aspetti politici e sociali di questa polemica, e dovremmo fare una campagna di sensibilizzazione mirata alle associazioni sportive, in modo che le persone transgender dell’agonismo possano fare sport in modo equo e confortevole.
Inoltre, l’attivismo dovrebbe fare informazione sul fatto che la rettifica anagrafica delle persone transgender è un argomento non legato in alcun modo a quello dei regolamenti interni dello sport agonistico, e dovrebbe respingere il tentativo Gender Critical di fare disinformazione relativamente al cambio anagrafico, scoraggiando l’estensione di questo diritto anche a chi è in percorsi non canonici.
L’attivismo dovrebbe chiarire che il tema transgender e sport è strumentale, e limitare i danni che questo allarmismo lanciato a colpi di fake news sta facendo, raggiungendo tutte quelle persone in una zona grigia, che non hanno una precisa opinione sul tema transgender.
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1 thought on “Lo sport agonistico: il nuovo cavallo di battaglia transfobico del movimento Gender Critical”
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