Il 59% degli italiani è favorevole alle adozioni omogenitoriali: +12% in 8 anni

In una giornata in cui l’ingerenza del Vaticano si manifesta con impeto contro la legge contro l’omotransfobia, sono dati parzialmente rincuoranti quelli del LGBT+ Pride 2021 Global Survey, l’indagine Ipsos svolta in 27 Paesi sulle opinioni delle popolazioni sulle tematiche legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere. L’Italia è tra le nazioni fotografate dai pool della terza compagnia di Insights & Analytics più grande al mondo, e appare come un Paese in cui la consapevolezza sui diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender sta finalmente crescendo.

Il dato più rilevante è quello degli italiani che ritengono che le coppie dello stesso sesso debbano avere gli stessi diritti di quelle eterosessuali nell’adozione di minori. Sei persone su dieci si dicono favorevoli, mentre solo una su tre è contraria. La cantilena della destra sovranista, priva di fondamento scientifico, secondo cui un bambino avrebbe bisogno di una madre e di un padre si dimostra essere ampiamente superata dagli elettori, che registrano un aumento del 12% in favore delle “adozioni gay” rispetto al medesimo sondaggio svolto nel 2013. Sulla questione, la posizione degli italiani è in media con quella dei 27 Paesi partecipanti all’indagine, ma rimane dietro a tutta Europa, fatta eccezione per l’Ungheria di Orban, la Polonia di Duda e la Russia di Putin: un trio non invidiabile.

Adozioni a parte, ancora più persone credono che «Le coppie dello stesso sesso sono in grado di crescere con successo i bambini altrettanto bene quanto le altre coppie». Gli italiani d’accordo con questa affermazione sono il 63%, contro il 33% dei contrari. Nella media dei 27 Paesi, i più propensi a garantire il diritto alla genitorialità alle coppie formate da due donne o due uomini sono, come prevedibile, le stesse persone LGBT+ (gay e lesbiche 90%, bisessuali 84%, trans e non binary 71%), la generazione Z (71%), le donne (67%) e le persone con un elevato grado d’istruzione (63%). La generazione più restia è quella dei nati tra il 1965 e il 1980 (55%), che sul tema dell’omogenitorialità si rivela meno inclusiva di coloro che sono più anziani, i cosiddetti “boomer” (60%).

Diritti e visibilità LGBT+: gli altri dati del sondaggio

Il 43% degli italiani dichiara di avere un parente, un amico o un collega dichiaratamente omosessuale, mentre coloro che hanno conoscenze bisessuali sono il 21%. Sono meno le persone che hanno parenti, amici e colleghi apertamente trans (7%) e non binary, non conforming o gender fluid (8%). Si tratta di uno dei dati più bassi, dietro il Bel Paese di trovano soltanto la Germania, l’Ungheria, la Polonia, la Russia ed alcuni Paesi non europei.

Ad aver partecipato al Pride o a un’altra manifestazione in supporto dei diritti LGBT+ è solo il 13% degli italiani, ma sono il doppio coloro che dichiarano di essersi esposto contro qualcuno che stava manifestando dei pregiudizi dei confronti delle persone LGBT+. Un dato secondo cui, finalmente, l’Italia è tra le migliori in Europa è quello dei cittadini favorevoli al riconoscimento legale delle unioni tra persone dello stesso sesso: con l’83% di risposte favorevoli l’Italia si piazza davanti a Paesi come la Gran Bretagna, la Germania e la Francia, registrando un aumento del 15% rispetto a otto anni fa, merito senza dubbio della Legge Cirinnà.

Anche le questioni della visibilità LGBT+ e della lotta alle discriminazioni omotransfobiche sono appoggiate dagli italiani. Due su tre supportano gli atleti che fanno coming out, mentre più della metà afferma di sostenere chi manifesta il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere in pubblico. Tuttavia, soltanto il 37% vorrebbe una maggiore rappresentatività LGBT+ nei media. Il 66% degli italiani vorrebbe una legge contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere a lavoro e scuola, mentre il 61% appoggia le aziende che manifestano il loro supporto alla comunità LGBT+. Solo un italiano su tre, infine, è favorevole alla competizione degli atleti trans secondo il loro genere d’elezione.