Pietro Turano spiega in un’intervista a GQ Italia quanto alcune webserie come Skam Italia, in cui lo abbiamo visto nei panni di Filippo, siano riuscite nell’impresa di trattare il tema dell’omosessualità in modo inedito, facendo arrivare messaggi di inclusività e nuovi modelli a un grande pubblico di giovani. Skam Italia è riuscita, infatti, ad arrivare ad un punto fondamentale: con il suo storytelling e le sue vicende, è riuscita a scindere l’omosessualità dalla disperazione.
«I giovani hanno bisogno di confrontarsi con una varietà più ampia di modelli: per loro le serie tv sono una fonte importante di informazione e di formazione – spiega Pietro – Quindi era giusto scoprire finali diversi dalla tragedia. Ci voleva, più che le buone intenzioni, la fase ibrida del settore cinematografico. Le piattaforme streaming hanno messo in discussione i contenuti, il modo di distribuirli e di ripensarli in tempo reale, rispondendo alle preferenze del pubblico».
La cultura di riferimento delle nuove generazioni, secondo l’attore, è tuttavia ancora una cultura maschilista, patriarcale ed eteronormativa, nonostante siamo portati a pensare alla generazione odierna come uvna “prima generazione arcobaleno”, che non mette limiti o etichette all’amore. E tutto questo porta ad una domanda ben specifica: come imparano i ragazzi di oggi le basi della sessualità e il concetto dell’amore senza etichette? «Le basi della sessualità, forse più da YouPorn, perché è la prima cosa che si cerca in rete quando si comincia a sentire qualcosa che cambia nel corpo, però abbiamo senz’altro più bisogno di più Sex Education».
Quello dell’omosessualità un tema molto caro a Pietro: il suo attivismo a tempo pieno, altro incarico già avviato parallelamente a quello di attore, inizia a 15 anni dopo un episodio di omofobia subìto nella propria scuola, quando era rappresentante di istituto.
«Quando vivi la tua identità alla luce del sole – racconta Pietro – la visibilità ti protegge: così credevo, invece un insulto sul muro, con la croce celtica, ha fatto scoppiare la bolla felice in cui vivevo. L’Arcigay mi ha offerto aiuto: ho capito allora che c’erano storie diverse dalla mia e che invece io, già dichiarato e tranquillo, potevo dare un modello diverso di narrazione. Ho iniziato a coordinare i giovani e la cosa ha preso sempre più spazio».
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