Audizioni ddl Zan al Senato: «gay sovrarappresentati nella giuria di Ballando con le Stelle»

Sembra la frase ironica di un meme e invece è solo una delle tante sparate a cui si sta assistendo in questi giorni al Senato nel corso delle 70 audizioni sul ddl Zan volute dalla Lega. Tra gli elementi a sostegno della tesi della non necessità del disegno di legge, Alberto Contri, professore universitario di comunicazione sociale alla IULM di Milano, ha affermato che «nonostante il il 95.5% delle famiglie italiane sia eterosessuale, nella giuria di Ballando con le Stelle c’è una sovrarappresentazione di [persone] gay nella giuria».

Contri fa riferimento a due dei cinque giurati, entrambi dichiaratamente omosessuali, vale a dire il conduttore Fabio Canino e lo stilista Guillermo Mariotto, come se la giuria di uno show televisivo possa in qualche modo essere una sintesi di ciò che avviene nel nostro Paese. Se volessimo poi parlare di rappresentazione delle persone LGBT+ nei media, bisognerebbe guardare la TV a 360 gradi, osservando ad esempio la totale assenza delle persone transgender fatta eccezione per Vladimir Luxuria e qualche partecipante dei reality, finito nell’oblio al termine del programma. Per non parlare di quei talk show politici dove viene dato largo spazio a “gay guariti” e “trans pentiti”, generalizzando e strumentalizzando le loro testimonianze, oppure della rappresentazione LGBT+ in Parlamento, come osservato involontariamente anche dalla senatrice Binetti.

Ma il punto di vista di Contri sull’identità di genere emerge sempre all’interno della stessa audizione in commissione giustizia, dove afferma che «il voler modificare il proprio corpo significa non accettare alcuni limite, ribellarsi al creatore, per chi crede, e ribellarsi alla natura. Sarà lecito, per lo meno dire che queste cose non sono regolari?». Quella del professore eporediese è un’affermazione che cancella l’esistenza persone trans, banalizzando la disforia di genere che rappresenta una fonte di sofferenza per molte di esse. Sono parole che ricalcano la visione “gender critical” del genere, che in alcuni casi colpevolizza coloro che decidono di autodeterminarsi, come testimoniano gli attacchi all’attore Elliot Page dopo la sua top surgery.