Dopo aver preso posto in un articolo de Il Post, lo schwa è comparso sul secondo quotidiano generalista grazie a un articolo per L’Espresso della scrittrice Michela Murgia, che ha adottato la convenzione proposta da Vera Gheno in alternativa al maschile generico. Una scelta di forma inclusiva, non imposta a nessuno, ma che ha indignato i quotidiani di destra – e non solo – spaventati dal dover aggiungere un carattere alle proprie tastiere e di cambiare i propri usi che ruotano attorno al maschio etero cisgender.
Il premio “simpatia” va a Libero Quotidiano, che è riuscito a generare disinformazione anche in questa circostanza, confondendo lo schwa con la simbologia di Gottfried Wilhelm Leibnitz per rappresentare la derivata parziale di una funzione rispetto a una variabile. Sebbene tra i due caratteri ci sia una lieve somiglianza, lo schwa non è altro che una “e” minuscola capovolta (ə), mentre il simbolo in cui qualsiasi studente di matematica, fisica o ingegneria si è imbattuto durante i propri studi (∂) è una lettera che non è presente in nessun alfabeto e che somiglia alla “d” minuscola dell’alfabeto cirillico.
Allo stesso modo lo schwa allungato (з), adottato per il plurale, viene confuso dall’autrice dell’articolo di Libero con il numero 3, dimostrando una forte vocazione per la matematica e, un po’ meno per il linguaggio inclusivo.
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