«L’attentatore di Nizza e il suo complice erano gay»? Una bufala della stampa di destra

«Cos’è la menzogna? È la verità che desideriamo, la realtà che non sperimentiamo». Questo lo diceva, nel suo libro “La giostra del piacere”, il drammaturgo francese Eric Emmanuel Schmitt: chissà se è quello che pensano anche quegli editori di quei giornali di stampo conservatore che, di sana pianta, hanno affermato che l’attentatore di Nizza abbia «inclinazioni gay».

Lunedì scorso, il titolo «Gay e jihad: la rete attorno al tagliagole» compariva silla prima pagina di un noto giornale cattolico. La notizia – che è stata ripresa da diverse testate prima di essere sbufalata in un articolo di Pier Cesare Notaro per Il Grande Colibrì – riguarderebbe il fatto che Brahim Aoussaoui, l’autore dell’ultimo attentato alla chiesa di Notre Dame a Nizza, sarebbe omosessuale perché sui suoi social avrebbe pubblicato «una foto patinata di un uomo discinto e muscoloso».

Ma non solo: sempre secondo l’autore, la polizia francese avrebbe arrestato Ahmed Ben Amor – l’ex vicepresidente dell’associazione tunisina Shams (Sole), un’organizzazione per la difesa dei diritti delle persone LGBT+ -, il quale sarebbe dapprima arrivato a Lampedusa a Settembre, insieme ad Aoussaoui, per poi proseguire verso lo stato francese. Un’ipotesi priva di qualsiasi evidenza: come osservato dal Grande Colibrì, guardando i profili social dell’attivista si capisce chiaramente che lo stesso abita a Nizza già da qualche anno.

Poi, nell’articolo, si parla dell’attivista come di un musulmano “radicale”. Potrebbe mai, un musulmano radicale, postare commenti pubblici che potrebbero essere giudicati blasfemi nei confronti di Maometto e dell’Islam? Oppure criticare ferocemente il boicottaggio dei prodotti francesi per protestare contro le vignette sul profeta?
L’unica cosa che potrebbe avere un fondo apparente di verità, è il post di un bambino che brucia la bandiera francese. Ma, anche in quel caso, la didascalia del video fa capire chiaramente come il post sia una critica all’evento presente nel video stesso.

In più, come dice il detto, il diavolo è nei dettagli. Dato che il video è stato postato di Domenica, mentre l’arresto di Ben Amor, è avvenuto il giorno precedente, come possono conciliare le due cose? Risulta difficile credere che nelle carceri francesi diano possibilità, ad un presunto terrorista, di scrivere sul web messaggi blasfemi dalla comodità della propria cella. «Mi sono sempre battuto per la pace – dichiara a Il Grande Colibrì l’attivista – e mi ritrovo in questa situazione. È qualcosa che mi ferisce e mi scombussola».