Perché i cristiani furono i primi intolleranti della storia

Uno dei temi che ci troviamo ad affrontare più frequentemente è quello dell’intolleranza, espressione dell’incapacità di accettare il diverso. Chiusi nella nostra monoculturalità vediamo l’altro non come una fonte di arricchimento, ma come una minaccia.

Il concetto di tolleranza è uno dei più dibattuti della storia del pensiero e della letteratura, nel tentativo di trovarne un’origine, pagine e pagine sono state scritte ribattendo sul fatto che l’intolleranza non fosse un diritto di natura, né tantomeno divino. La religione, infatti, è spesso al centro di riflessioni sul tema, che indicano come in particolar modo il cristianesimo abbia modificato e profondamente condizionato la nostra cultura sino ad oggi, fondando una morale della rinuncia e del sacrificio.

Questi i concetti chiave, ad esempio, di Ritorno in Egitto, romanzo della scrittrice napoletana Giovanna Mozzillo, ambientato in un Impero Romano ormai in crisi, in cui uno dei principali sconvolgimenti è rappresentato dalla diffusione del cristianesimo. L’approccio alla spiritualità degli abitanti dell’Impero sta cambiando radicalmente, il nuovo credo si fa portavoce di ideali di uguaglianza e amore, ma al contempo è intransigente verso chi non ne rispetta i dettami.

Questo lo sfondo storico in cui si intrecciano le vicende personali dei protagonisti, un rapporto omosessuale sino ad allora ritenuto legittimo e benedetto dagli dei, diventa ora immondo e abominevole; la conversione religiosa mette in luce il dissidio tra i propri sentimenti e il timore che la propria anima sia condannata.

Tale considerazione non è però nuova, già nel Settecento, ad esempio, il filosofo francese Voltaire ce ne parla nel testo che ancora oggi rappresenta un caposaldo della riflessione sul tema, ovvero, il Trattato sulla Tolleranza, in cui sottolinea come l’avvento del Cristianesimo abbia radicalmente sconvolto la concezione della sessualità, che diviene semplicemente lo strumento per la procreazione all’interno dell’unione matrimoniale, e le dinamiche di convivenza tra religioni diverse, che rispettate e omaggiate nel mondo greco e romano, divengono un nemico da combattere per i cristiani.

Particolarmente rilevante è l’analisi del fenomeno dei martiri che Voltaire fa; elemento fondante della storia del cristianesimo sono le persecuzioni, l’uccisione di individui che a seguito della loro morte sono stati elevati a figure divine, meritevoli di lodi per essersi sacrificati in nome della loro religione. Ecco, per Voltaire questi sono solo espedienti che le istituzioni religiose hanno utilizzato nel corso della storia, santificando i cristiani uccisi anche quando la religione non era il movente del loro omicidio.

Anche le prime persecuzioni in epoca romana risultano poco credibili se si pensa al clima di accoglienza e di rispetto delle epoche antiche, persino l’ondata persecutoria sotto l’impero di Nerone è da attribuire al riconoscimento dei cristiani come colpevoli dell’incendio e non per il loro credo in sé.

Tutto questo ci porta a domandarci se la storia del cristianesimo, che affonda le sue radici in una violenta repressione e in una lotta al riconoscimento della possibilità di esercitare liberamente la loro religione a discapito dell’intolleranza che li aveva colpiti, non sia altro che la storia dei primi veri intolleranti.

 

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