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La Madonna è stata la prima icona gay. E no, non parliamo della Ciccone!

Sono note a tutti le secolari posizioni poco tolleranti della Chiesa Cattolica nei confronti degli appartenenti alla comunità arcobaleno, posizione che, col tempo, sta via via ammorbidendosi verso un senso di più generale inclusione. Quello che pochi sanno, però, è che esiste un miracolo mariano totalmente arcobaleno che si celebra e viene ricordato anche oggi a Mercogliano, in Irpinia: il miracolo di Montevergine.

La tradizione racconta che, nel 1256, due ragazzi vennero scoperti mentre si baciavano appassionatamente in paese e per questo, accusati di omosessualità, vennero portati sul monte Partenio, legati a un albero e lasciati a morire di freddo, stenti o, in alternativa, per l’attacco di qualche animale selvatico affamato. I due, in preda al panico e di fronte alla morte certa, pregarono la Madonna chiedendo il suo intervento. Ella, ascoltate le preghiere dei due, ebbe pietà del terribile destino che avrebbero da lì a poco affrontato e, con un raggio di sole, liberò i ragazzi dalla prigionia. Tornati in paese, i due non vennero più tormentati dai cittadini perché visti come simbolo di una tolleranza divina al loro amore.

La Madonna Schiavona, così chiamata per il colore del suo mantello che ricordava la pelle degli schiavi africani, divenne ben presto una vera e propria “icona gay” ante litteram, spingendo, ogni 2 febbraio, a uno scomodo pellegrinaggio decine di omosessuali e femminielli. Tradizione che persiste anche ai giorni nostri: sono centinaia gli appartenenti alla comunità LGBT che ogni anno fanno la “juta”, il tradizionale percorso a 1400 metri in salita tra i monti irpini che termina proprio nel Santuario della Vergine.

La celebrazione della tolleranza delle diversità, però, pare avere origini molto più antiche del miracolo. Già secoli prima i Coribanti, sacerdoti eunuchi della dea Cibele, si riunivano sul Partenio a omaggiare la Grande Madre con balli e canti, vestiti con colori sgargianti e truccati come donne, celebrando la forza femminile e generatrice della natura nel tempio della dea che sorgeva proprio dove oggi si trova il santuario. Un inno alla diversità e al rispetto traslato nella tradizione popolare cattolica, un’antica festa che, riportata ai giorni nostri, rende onore agli ultimi, agli emarginati, ai diversi che la “Mamma Schiavona” protegge sotto il suo manto nero.

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