Perché bisogna andare ai Pride di provincia

Bellissimo il Roma Pride di sabato scorso: 700.000 persone hanno manifestato il proprio orgoglio LGBT+ nella stupenda cornice della capitale, importanti personalità politiche e dello spettacolo hanno presenziato (beh, non proprio tutte, dato che mancava la sindaca Raggi) ed è stato dato un messaggio sociale e politico forte e deciso, con la stampa nazionale che ne ha parlato grazie a qualche provocazione.

Il 29 giugno sarà la volta del Milano Pride, che sarà una figata assurda come ogni anno. I Pride nelle grandi città sono importanti e son anche i più amati, attirando manifestanti anche dalle province, c’è chi ne approfitta per un viaggio, magari all’estero: Berlino, Barcellona, Vienna…

È il caso di Nicola (nome di fantasia) che mi scrive dalla Puglia dopo aver visto le foto del Roma Pride. «Ci sarà gente al Napoli Pride?», chiede preoccupato. Lo rassicuro linkandogli le foto degli scorsi anni, così aggiunge: «Meno male, sarà il mio primo Pride, anche se avrei preferito andare a Roma, ma era un po’ lontano…». Gli chiedo allora come mai non andasse al Bari Pride o al Salento Pride, senza ricevere però una reale motivazione, che credo però di sapere alla luce della sua prima domanda.

Molti vanno al Pride perché è una festa dove ci si diverte. Badate bene, non penso che sia sbagliato reputare il Pride come una festa, in quanto è prima di tutto una celebrazione, probabilmente la più colorata e gioiosa che esista. È chiaro a tutti che nei Pride delle metropoli ci sono più spunti per quanto riguarda il divertimento, con locali e discoteche che investono in carri e animazione, VIP, folle oceaniche dove pensiamo che per la legge dei grandi numeri troveremo l’amore o, nella “peggiore” delle ipotesi, qualcuno con cui limonare.

Tutto ciò va benissimo ed è, in un certo senso, coerente con lo spirito di una parata come il Pride, altrimenti andremmo nelle piazze come quelli che fissano per ore un libro fingendo di saper leggere, oppure ci metteremmo delle tuniche nere e viola a dire il rosario per maledire “benedire” chi ha l’abito più favoloso del nostro.

Bisogna però anche fare la nostra parte dove ce n’è ancora più bisogno, cioè nelle province. I Pride di provincia sono tantissimi, fortemente voluti dall’Onda Pride per portare ovunque il nostro messaggio di uguaglianza e di libertà, e non solo nelle roccaforti metropolitane. Chi come me è cresciuto o vive in provincia lo sa bene qual è la differenza, sa anche che è più facile sfilare a Roma, Napoli o Milano che a Frosinone, Taranto o Bergamo. Sa però anche che è lì che bisogna cambiare le cose.

Quest’anno andiamo al Milano Pride o al Mediterranean Pride, ma andiamo anche in un Pride di Provincia. Sabato 15 andiamo ad Atripalda, comune di 10 mila abitanti dove si terrà l’Abellinum Pride, andiamo allo Stretto Pride di Reggio Calabria, unica parata in una regione dove l’orgoglio non viene celebrato da 2 anni, andiamo al Salento Pride di Gallipoli, l’unica città italiana che pur non essendo un capoluogo di provincia ha un pride alla sua quarta edizione in 4 anni.

Proviamo ad essere migliori delle aziende che celebrano il Pride Month solo dove le persone LGBT+ se la passano bene. Andiamo a Novara, Sorrento, Rimini, Cagliari, Treviso, Siracusa, Vicenza e in tutti gli altri. Se non lo avete mai fatto prima e pensate che in provincia non ci si diverte, chiedete alla londinese Helen.

 

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Foto copertina: Pagina Facebook del Pavia Pride

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