«Il machismo gay e trans»: uno strano modo di combattere la violenza sulle donne

Tra i tanti modi di dare il proprio contributo alla giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, risulta singolare quello scelto da un noto attivista che oggi ha scelto di dedicare un articolo del suo blog sull’HuffPost a una presunta minaccia per il sesso femminile: «il machismo gay e trans» che minerebbe «la libertà di espressione di tante donne».

No, non è uno scherzo, ma la strumentalizzazione di una giornata che dovrebbe unire tutte e tutti, e che invece viene scelta come sfondo dell’ennesimo tentativo di trasformare le battaglie per i diritti di una categoria di persone vulnerabili, le donne trans, in qualcosa che minaccia un’altra categoria che necessita tutele, quella delle donne cisgender. Il 25 novembre si presta dunque all’ennesimo teatro di una guerra tra poverə, dove la ricchezza sono i diritti, visti come una risorsa scarsa da competersi e non come una fonte rinnovabile di benessere e libertà.

Ma quale sarebbe la violenza che le associazioni LGBT+ e transfemministe eserciterebbero nei confronti delle donne? Utilizzare espressioni come “individui con le mestruazioni” ed “esseri con la vulva”, che consentono di indicare tuttə insieme le donne cisgender, gli uomini trans e alcune persone intersessuali o di genere non binario. L’autore parla di negazione della “specificità sessuale” e tra i termini – a suo dire – offensivi ci mette dentro anche “TERF” (femminista radicale trans-escludente), che fortunatamente non riguarda tutte le donne ma una piccola parte. Il problema non sta dunque nel fatto che le donne trans non siano riconosciute come vere donne e che per questo vengano escluse nelle battaglie delle femministe radicali, ma nel dire a chi le discrimina di essere “trans-escludente”. Un doppiopesismo da Guinness dei primati.

La stessa persona che il 25 novembre pubblica un articolo di questo tipo avverte che «oggi a causa di un estremismo sempre più diffuso […] il conflitto si amplia sempre di più» e ricorda «gli insulti pesanti nei confronti delle donne che si oppongono all’omologazione transchilista» che ci sono stati recentemente sui social, come se le donne trans non fossero state le prime a essere duramente attaccate e umiliate. Da notare, inoltre, come l’autore parli esclusivamente di donne cisgender utilizzando solo il termine “donne”: cosa siano le donne trans viene lasciato alla deduzione del lettore fino alla fine dell’articolo, quando improvvisamente l’attivista si ricorda che «ognuna e ognuno ha diritto di percepirsi uomo o donna, al di là del sesso di appartenenza».

Il punto della questione starebbe nelle «implicazioni giuridiche e sociali» del riconoscimento di un individuo come donna, che secondo le femministe radicali e l’autore dell’articolo dovrebbe basarsi sul sesso biologico e non sul genere di appartenenza. Una visione che il transfemminismo respinge con fermezza. L’Italia è il primo Paese in Europa per numero di omicidi di persone trans, quasi tutti nei confronti di donne trans e tra questi numerosi transfemminicidi. Si tratta di donne che fanno un’enorme fatica a trovare lavoro, vengono quotidianamente aggredite e sono vittime di discriminazione almeno quanto gli «esseri con la vulva»: perché tracciare una linea che le divida dalle altre donne?

Se consideriamo la violenza di genere come un fattore biologico e non sociale, come possiamo combatterlo? Abbattiamo i muri delle divisioni, smettiamo di stilare classifiche dei diritti e diamo a tutte e a tutti la reale libertà di autodeterminarsi.