Dire «fr**io» è offensivo, soprattutto se lo dice un leghista

Alcuni giorni fa sulle onde radiofonicha de La Zanzara si sono incontrati telefonicamente il giornalista e conduttore Giuseppe Cruciani, già protagonista di alcune sparate che ci saremmo volentieri evitato, e il senatore leghista Andrea Ostellari, il presidente della Commissione Giustizia al Senato che nelle ultime settimane ha concentrato le proprie energie nell’ostacolare la discussione del ddl Zan in Aula a Palazzo Madama. Il risultato dell’incontro di questi due personaggi potete immaginarlo, ma forse non fino in fondo.

Dopo aver fatto la solita disinformazione portata avanti dai detrattori della legge contro l’omotransfobia usando come argomentazione la libertà d’opinione – che solo una persona in malafede o priva di capacità di comprendere un testo scritto può usare alla luce della Costituzione e dell’art. 4 del testo del ddl – e la posizione delle TERF – spacciandola per quella delle femministe -, i due hanno discusso del botta e risposta del senatore con Fedez. Ostellari ha affermato di aver ricevuto degli insulti, aggiungendo: «è curioso che chi vuole abolire la parola fr**io dia del fr**io a me».

A quel punto arriva la provocazione di Cruciani. «Secondo lei – ha chiesto il conduttore – “fr**io” è una parola che si può dire o che non si può dire? Io la dico tranquillamente per esempio. Si può continuare a dire? Perché chi dice “fr**io” o “finocchio” potrebbe essere passibile di punizione, o no?». La risposta corretta, purtroppo, sarebbe stata un secco «no», ma l’intervistato ha replicato con un secco «Non è offensiva». Solo sulle proteste di David Parenzo è arrivata una sorta di precisazione: «Attenzione, dipende dal contesto, dipende dal contesto…». Rimane da capire quale sia il contesto giusto.

Il “fr**io” sulla bocca dei leghisti: storia di una serie di casi isolati

Che il termine “fr**io” sia spregiativo lo dicono i dizionari della lingua italiana o, tutt’al più, spetterebbe dirlo alla comunità omosessuale e non a due uomini eterosessuali. Come usare le parole “fr**io” o “finocchio” per offendere ce lo hanno insegnato proprio svariati esponenti del Carroccio (dal Parlamento europeo fino ai consigli comunali), che nel corso degli ultimi anni si sono contraddistinti per le loro volgarità a sfondo omofobico scagliate contro i loro avversari politici e non solo.

Ad agosto dell’anno scorso, una candidata consigliera al Comune di Lavis, in provincia di Trento, aveva pubblicato un post in cui affermava che i «gay hanno preso l’attenzione della gente molto semplice… Ma l’obiettivo dei manipolatori è distruggere il Cristianesimo. Il matrimonio gay porta all’estinzione razza umana». Andando indietro nel tempo, a gennaio 2019, troviamo Kurt Pancheri, che durante il consiglio comunale di Bolzano ha usato l’espressione «l’associazione dei finocchi» per indicare Arcigay, sostenendo anch’egli che «si può dire, non è offensivo». Alcuni mesi prima a Verona, un altro consigliere leghista, Alberto Zelgher aveva definito le persone omosessuali «una sciagura per la riproduzione e la conservazione della specie», sostenendo che «i rapporti omosessuali dipendono dalla psicologia della persona» e che «il sesso omosex fa male alla salute, perché propaga e può portare malattie di tutti i tipi».

A questi si aggiunge Fabio Tuiach, consigliere triestino eletto per la Lega, poi passato a Forza Nuova e oggi indipendente perché probabilmente non è riuscito a trovare un gruppo abbastanza di destra da appoggiarlo nelle sue uscite come quella sulle coppie gay che «si sfondano il cu*o e litigano quando manca la vaselina» o sui «veri cattolici» dell’est Europa che difendono «l’ordine naturale» riempendo di botte chi manifesta ai Pride.

Sebbene sia passato a miglior vita, non possiamo poi non ricordare il contributo di Gianluca Buonanno. Nel 2014, quando era sindaco in un comune in provincia di Vercelli, il leghista aveva varato un’ordinanza che prevedeva 500€ di multa a chi avesse baciato una persona dello stesso sesso in pubblico. Lo stesso Buonanno aveva dato del “fr**io” all’allora presidente di Arcigay nazionale Flavio Romani durante una discussione davanti al Parlamento Europeo, mentre sulle coppie delle stesso sesso che chiedevano di unirsi civilmente aveva detto: «Ai gay al massimo offro una banana o un’insalata di finocchio». La sua passione per il finocchio venne espressa anche in Aula alla Camera, dove nel 2013 esibì l’ortaggio durante l’intervento di – ironia della sorte – Alessandro Zan, all’epoca tra le fila di SEL e già dichiaratamente gay.

Almeno Ostellari ha affermato che non ci sarebbe nessun problema se suo figlio fosse omosessuale. Prima di lui, nel Carroccio, secondo la testimonianza del presidente di Agedo Genova, il consigliere ligure De Paoli avrebbe detto: «Se avessi un figlio omosessuale lo butterei in una caldaia e gli darei fuoco» (frase smentita dal politico sostenendo di aver detto “non lo brucerei nel forno” e vicenda finita in tribunale). L’ex parlamentare Polledri aveva invece dichiarato che non sarebbe contento di avere dei figli omosessuali, ma che sarebbe stato ancor peggio avere come genero un marocchino.

Potremmo andare avanti ancora per molto con questa serie di casi isolati a cui sono seguite, nei casi più fortunati, le prese di distanza da parte di terzi. Il termine «fr**io», così come «finocchio», non solo è offensivo ma lo diventa ancora di più se pronunciato da chi ha un evidente problema interno al suo partito, che insieme agli altri dovrà decidere per noi se è giusto o meno punire chi commette un crimine d’odio ed educare le nuove generazioni per avere domani un Paese più rispettoso e più inclusivo.

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